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Tradizionalmente le
vittorie (o le sconfitte) si davano a chiusura di un conflitto armato. Tuttavia
allo stato attuale gli armamenti disponibili se consentono ancora conflitti
locali o di limitata estensione, rendono sempre meno probabili le guerre di
raggio mondiale, ma soprattutto cancellano la linea di demarcazione tra
vittoria e sconfitta, coinvolgendo tutti i contendenti in una comune catastrofe
globale. Di conseguenza un conflitto che abbia come protagonisti, non due
eserciti o due stati, ma addirittura due modelli sociali non potrebbe più
risolversi con lo scontro bellico, ma solo per via pacifica come compromesso.
Siccome però la forma tradizionale del ‘compromesso’ (do ut des) lascia di solito ambedue le parti insoddisfatte e non
offre garanzia di durata, si cerca, non appena possibile, la via della
‘modulazione culturale’ reciproca, in cui non è più questione di vittoria o
sconfitta, ma della creazione di un nuovo modello che recepisca tratti
compatibili con i modelli in conflitto.
Così il modello
democratico, oggi in forte, anche se contrastata espansione, ritengo debba
deporre la sua veste culturale per assumerne una decisamente metaculturale, se
vuole, non più vincere, ma dare il suo contributo alla costruzione di un
equilibrio mondiale.
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