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Anche ‘pace’, come
‘guerra’, può designare un’ideologia, sempreché la si voglia utilizzare in tal
senso. E, dal momento che ci siamo proposti di non abbracciarne nessuna, non
dovremmo fare un’eccezione neppure per lei.
Ma –si dirà– non
tutte le ideologie sono uguali: ci sono quelle buone e quelle cattive.
L’ideologia della pace, per esempio, è universalmente considerata
positivamente.
“Aveva da sempre
avversato la guerra, in tutte le sue forme, ma, di fronte alla prepotenza di
coloro che volevano imporre una pace che ritenevano ingiusta per le conseguenze
cui avrebbe portato, le votò contro”.
“Qui –si obietterà, e
con ragione– non è questione della ‘pace’ come l’intendiamo di solito, ma di
una parola di cui è stato stravolto il senso…”
“Ma come sappiamo in
che senso la usa il nostro interlocutore?”
La parola è uno
strumento di comunicazione troppo analogico per darle fiducia
incondizionatamente. È meglio analizzarla nel contesto in cui opera, e anche
allora è buona regola depurarla dalla sua “investitura ideologica” – che
qualcuno potrebbe non condividere, per ragioni che non condividiamo…
Come uscire da queste
considerazioni paralizzanti?
Uscendo dalle
ideologie che le rendono tali.
E come?
Traducendo mentalmente le considerazioni in fatti e
osservandoli accadere. Se per esempio Hitler avesse saputo sgombrare gli occhi
suoi e della nazione tedesca dalla visione ideologica che li stava accecando,
la grande tragedia si sarebbe forse evitata.
“Sì, con la palla di
vetro!”
“O con la normale
intelligenza in nostra dotazione”.
Fine dei 19 Postini sulle funzioni di una ‘Casa della
pace’ in Sabina
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