domenica 3 giugno 2012

La vida es sueño

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 È il titolo del dramma più celebrato di Pedro Calderón de la Barca (1600-1681). Il tema degli indistinguibili tra vita e sogno e comune nelle varie letterature, sia antiche che moderni, ma fa anche parte dell’esperienza di tutti, come quando, risvegliati da un sonno profondo, restiamo per qualche tempo in dubbio se ciò che abbiamo appena sperimentato fosse sogno o realtà.
A me è capitato di interrogarmi per mesi sull’identità di una persona che ero convinto di aver frequentato per molti mesi e che d’un tratto era scomparsa senza che potessi ricordare chi fosse e neppure se fosse effettivamente esistita.
Il primo di questi postini del ‘come se’ comincia con un Es war als… (era come se), mantenendo poi l’irrealtà dell’immagine lungo tutta la poesia senza mai neppure sfiorare il piano di una reale concretezza. Calderón pone decisamente l’equazione vita = sogno e, così facendo, esce dalla metafora come mezzo espressivo per entrare in un ambito filosofico nel quale metafora e realtà coincidono. La forza ‘fondante’ del verbo ‘essere’ toglie ogni velo di incertezza, ogni traccia di ‘come se’, e dichiara inequivocabilmente l’identità tra vita e sogno. Il linguaggio verbale non ha però la proprietà simmetrica del linguaggio matematico, per cui, ‘se vita è sogno’, anche ‘sogno è vita’. Le due espressioni non si equivalgono del tutto perché le parole ‘sogno’ e ‘vita’ non hanno esattamente lo stesso significato nei due casi. Più che non l’aspetto denotativo cambia l’alone connotativo che le circonda. “La vita è sogno” suona come un’affermazione addirittura metafisica che trasporta la realtà della vita in un mondo di irrealtà onirica, quasi un iperuranio platonico; “il sogno è vita” ha una sfumatura concessiva, come se dicesse “Anche il sogno è –fa parte della– vita”. Mentre i numeri sono semanticamente neutri, le parole non lo sono, anzi variano di significato addirittura per un cambio di posizione.
Il dramma filosofico-teologico di Calderón difficilmente avrebbe potuto intitolarsi El sueño es vida, a parità di contenuto.  Lo avrebbe impedito la direzionalità del movimento: ascensionale nel passaggio dalla vita al sogno, rivolto alla terra nell’altro caso. Questione del tutto periferica e inessenziale – si dirà– quella da me posta per un’opera del peso di La vida es sueño. D’accordo, ma forse l’unica dove poteva avere senso l’intervento di un troppo superficiale frequentatore della lingua spagnola e delle sue molteplici letterature.

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