venerdì 8 giugno 2012

Si sta come d’autunno

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Si sta come / d’autunno
sugli alberi / le foglie.

Per molti la personalità poetica di Ungaretti è legata alla sua produzione giovanile, in particolare a L’allegria, scritta negli anni della Grande Guerra.

I versi sopra riportati non mostrano tuttavia alcuna caratteristica che li differenzi da una normale coppia di settenari. Anche la metafora della precarietà non è particolarmente audace. Semmai colpisce la dolcezza dell’immagine autunnale a esprimere la crudezza della guerra, ma neppure quest’opposizione è ignota ai classici.

Anche il verso più citato di Ungaretti:

“M’illumino d’immenso”,

indubbiamente assai felice nel condensare in brevissimo spazio un’impressione di infinito, non mi sembra spalancare le porte della poesia italiana a impensate avventure letterarie. Come ogni novità, anche quella dell’impressionismo ungarettianno, per essere colta nella sua singolarità va riferita al suo UCL – in questo caso alla tradizione pascoliana, crepuscolare di quegli anni Non sono un critico letterario e tanto meno un approfondito conoscitore della lirica italiana; la mia preferita tra le poesie di Ungaretti è tuttavia:

In Memoria
 
Si chiamava

Moammed Sceab


Discendente

di emiri di nomadi

suicida

perché non aveva più

Patria

Amò la Francia

e mutò nome


Fu Marcel

ma non era Francese
e non sapeva più

vivere

nella tenda dei suoi

dove si ascolta la cantilena

del Corano

gustando un caffè


E non sapeva 
sciogliere

il canto

del suo abbandono


L’ho accompagnato

insieme alla padrona dell’albergo

dove abitavamo

a Parigi

dal numero 5 della rue des Carmes

appassito vicolo in discesa.


Riposa

nel camposanto d’Ivry

sobborgo che pare

sempre

in una giornata

di una

decomposta fiera


E forse io solo

so ancora 
che visse


Non so se a commuovermi tuttora sono i frantumati versi di Ungaretti o il loro contenuto, oggi, nell’era delle grandi migrazioni, delle disperazioni di massa, di Sarkozy e della Lega.

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