[Dialogante 2] È piuttosto improbabile che qualcuno ci dia
retta se insistiamo nella denigrazione della condizione culturale a cui noi
uomini siamo specificamente legati e a nessun costo sapremmo rinunciare.
[Dialogante 1] Non si tratta infatti di rinunciarci, ma di
innalzarla di livello, di portarla cioè ad un grado di consapevolezza che
chiamiamo ‘metaculturale’, ma che non è esterna né superiore a nessuna cultura,
anzi probabilmente resterà per qualche tempo al di sotto delle nostre capacità
culturali, così come l’istinto vince spesso sulla più approfondita delle
riflessioni.
[Dialogante 2] Ma allora perché insistiamo tanto nella
critica al concetto di ‘cultura’?
[Dialogante 1] Per impedirne la cristallizzazione
ideologica, per salvarla dall’ipostatizzazione che ne segnerebbe la fine.
[Dialogante 2] Una fine prematura, quando non ha ancora
sviluppato neppure le sue stesse premesse.
[Dialogante 1] Allora anche tu pensi che la condizione di
riflessività metaculturale sia un’ulteriore tappa dell’evoluzione umana?
[Dialogante 2] Sì, a patto che a questa come alle altre
tappe non attribuiamo una marca di valore crescente. Non credo che valiamo più
dei dinosauri e neppure più dei radiolari.
[Dialogante 1] E Dante, Michelangelo, Bach?
[Dialogante 2] Noi uomini abbiamo tutti i diritti di
assegnare loro un posto nell’Olimpo che abbiamo creato, ma non penso che questo
Olimpo culturale abbia il diritto di essere riconosciuto fuori dall’UCL[1]
entro cui l’abbiamo creato.
[Dialogante 1] Anche l’arte quindi, il pensiero non
conoscono gli assoluti?
[Dialogante 2] Certo che li conoscono! E noi con loro,
perché sappiamo nominare l’UCL di riferimento. Ma perché mi fai ripetere per l’ennesima
volta cose che sai benissimo?
[Dialogante 1] Repetita iuvant. Siamo didattici!
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