[Dialogante 1] No, i poveri coleotteri – e i molti altri
insetti – se ne vanno senza aver capito neanche il perché. Le cellule ‘per
capire’ si sono sviluppate in altri animali e non in loro.
[Dialogante 2] Così almeno pensiamo noi, che ci reputiamo
gli unici capaci di capire veramente…
[Dialogante 1] … mentre ci accorgiamo ad ogni passo che al
passo precedente non avevamo capito niente e bisognava ripensare il tutto.
[Dialogante 2] Gli animali invece, piccoli o grandi, hanno
capito tutto quello che gli serviva di capire e del resto non si preoccupano.
[Dialogante 1] Li diremmo ‘saggi’ per questo?
[Dialogante 2] La saggezza è una prerogativa di chi saggio
non era ma ci è diventato…
[Dialogante 1] … e gli animali, per sopravvivere, hanno
dovuto esserlo fin dall’inizio, e quindi dovremmo trovare per loro un altro
aggettivo…
[Dialogante 2] … per esempio ‘adattato’?
[Dialogante 1] Ma è molto strano che uno nasca ‘adattato’
piuttosto che adattarsi un po’ alla volta.
[Dialogante 2] Forse il processo di adattamento non è
individuale ma riguarda tutta la specie.
[Dialogante 1] Vuol dire che l’informazione necessaria per
adattarsi passa da una generazione all’altra.
[Dialogante 2] Intravedo due vie: o questa informazione
viene ‘comunicata’ dagli individui di una generazione a quelli della
successiva, come facciamo noi uomini, o viene ‘trasmessa’ per via genetica,
cioè viene ricevuta misteriosamente alla nascita, come viene ricevuto il colore
degli occhi o la forma del piede.
[Dialogante 1] In quest’ultimo caso credo che l’adattamento
sia molto più lento perché il passaggio dell’informazione richiede molto più
tempo, il tempo che passi l’intera generazione che la trasporta.
[Dialogante 1] Quindi intravedo un conflitto tra le due
modalità di trasmissione, e alla lunga uno squilibrio in chi usufruisce di
tutt’e due, cioè nella specie umana sopratutto…
[Dialogante 1] … che però è in grado, grazie alla
trasmissione inter-individuale, cioè ‘culturale’ di destabilizzare tutto il sistema
biologico del pianeta.
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