[Dialogante 1] I giorni
appena trascorsi (primi di luglio) sono stati particolarmente densi di incontri
e scambi di idee, tanto da riconfermare il Centro Metaculturale come snodo di
varie correnti di pensiero variamente orientate.
[Dialogante 2] Abbiamo
anche costruito una tratta, nella persona di Diana, verso la cultura di base in
Germania, non sappiamo però se la cosa avrà un seguito.
[Dialogante 1] Più che
discutere con le molte persone incontrate –tra cui Emanuele Pappalardo,
Valentina, una delegazione genovese capeggiata da Valeria Lonano, un gruppo di
sette frequentanti un corso di musicoterapia e una nutrita rappresentazione del
Centro Metaculturale– abbiamo rilevato forti concordanze di pensiero e di modi
attuativi, che ci hanno spinto a mantenere non superficiali contatti per
costruire una ‘rete’ permanente in qualche modo rapportabile a IMC.
[Dialogante 2] Fosse giunto
il momento, vagheggiato e in parte già attuato negli anni Settanta-Ottanta, di
costituire una sorta di movimento culturale internazionale avente come
obiettivo lo studio delle condizioni preliminari per la realizzazione di un
progetto di ‘pace interna’?
[Dialogante 1] I soliti
voli utopici, quando servono più che mai i piedi per terra.
[Dialogante 2] La solita
accusa –non tua naturalmente– di scarsa aderenza alla realtà…
[Dialogante 1] … quando
invece è proprio la realtà reclamare a gran voce un progetto di pace a tutti i
livelli per rendere possibile, ma niente affatto certa, la nostra
sopravvivenza.
[Dialogante 2] Non è certo
IMC a non avere i piedi per terra, è piuttosto la terra che ci sfugge da sotto
i piedi, dilavata dalla furia devastatrice dell’ingordigia umana.
[Dialogante 1] … talvolta
le parole troppo grosse tolgono forza al loro impatto. Le nostre devastazioni
superano però la grossezza delle parole. Sono di questi giorni le
manifestazioni NO TAV in Piemonte. Condanna unanime di tutti i partiti contro
le violenze perpetrate dai manifestanti. Come se l’assalto contro la valle
alpina in nome di interessi economici e commerciali non fosse un massimo atto
di violenza contro quel poco che resta della natura alpina.
[Dialogante 2] Visione
idillica ma estetizzante della natura! Questa va violentata, saccheggiata; le
va strappato tutto ciò che può riempire le tasche di alcuni di noi. Gli
abitanti della Valsusa però non sono d’accordo.
[Dialogante 1] C’è qualcuno
che ne approfitta per far fallire la protesta? Ben più pericolosi dei black blocks credo siano coloro che
ricompattano tutti i pareri in nome della non violenza. Abbiamo già conosciuto
con le Brigate Rosse le conseguenze di questa contrarre azione camuffata da
reazione.
[Dialogante 2] Ci dicono
che, rinunciando alla TAV, non solo rinunciamo a conseguire investimenti
stranieri, ma togliamo lavoro a chi ne ha bisogno e compromettiamo la nostra
competitività economica. Ci sono forse altri modi di tenere alta questa
competitività che non risparmiando due ore sulla tratta Torino-Lione e distruggendo
la nostra ennesima vallata alpina.
[Dialogante 1] O forse
qualcuno si illude di uscire dalla crisi con mastodontiche opere di
modernizzazione come la TAV o il ponte sullo stretto di Messina. Siamo al punto
in cui siamo proprio a causa di una incontrollata rincorsa la modernità, e
pensiamo di salvarci con la maggiore velocità?
[Dialogante 2] Temo però
che nessuna manifestazione, anche se non inquinata dai black blocks, potrà salvarci da questo nuovo, ennesimo attentato
all’integrità del nostro paese. Saremo forse inguaribili esteti, amanti di una
natura idillica e incontaminata, ma non pensiamo, a proposito di meritocrazia,
di meritare un Nord devastato da una inarrestabile crescita industriale,
traforato da gallerie chilometriche (che non credo rinforzi non la stabilità di
terreni, come quelli alpini), destabilizzati anche, economicamente e
culturalmente, dalle due ore guadagnate nella tratta Torino-Lione.
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