[Dialogante 2] Non penso
che i problemi si risolvano; si vanificano cambiando l’orientamento del
pensiero.
[Dialogante 1] Altre volte
abbiamo sostenuto che non si risolvono, ma si spostano.
[Dialogante 2] Sono cioè
sempre relativi a uno spazio, forse non tri- ma multidimensionale…
[Dialogante 1] … quindi non
afferrabile dai nostri sensi, ma costruibile dalla nostra mente.
[Dialogante 2] Detto
altrimenti, la conoscenza è riconducibile a una geometria.
[Dialogante 1] Nulla di
nuovo. Ne era convinto già Einstein.
[Dialogante 2] Ma perché
cerchiamo sempre di nuovo. Come se non fosse contenuto nel vecchio!
[Dialogante 1] Basterebbe
cioè spostare il punto di osservazione, cambiare l’orientamento dell’oggetto
dello spazio multidimensionale, e il vecchio diventerebbe nuovo o viceversa.
[Dialogante 2] Se non
sbaglio, l’oggetto delle nostre riflessioni non è più il mondo, la realtà, ma
una ipotetica ‘geometria’, costruita o costruibile dal nostro cervello.
[Dialogante 1] In
definitiva è di questo che ci stiamo occupando…
[Dialogante 2] … non una
psicologia della scienza, ma direttamente una psicologia del mondo…
[Dialogante 1] … proprio
ciò che gli scienziati non vogliono.
Il cervello che sia rivolta contro se stesso, meglio si dovrebbe dire: la
mente…
[Dialogante 2] Né potrebbe
essere diversamente, perché è la mente a fabbricare la conoscenza, non a
trovarla predisposta nella realtà.
[Dialogante 1] Affermazione
ideologicamente dura, niente affatto metaculturale, che per essere accettata
metaculturalmente avrebbe bisogno di essere localizzata in qualche UCL.
[Dialogante 2] Un tentativo
di ribellione? In nome di quale UCL?
[Dialogante 1] Se fosse
possibile trovare un UCL in grado di giustificare se stesso –come l’omino che
si tira su per i piedi– ecco, sarebbe quello giusto, e la ribellione dovrebbe
dirsi riuscita.
[Dialogante 2] Domanda: Dio
è capace di tirarsi su per i piedi?
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