[Dialogante 1] È una delle
più nefaste implicazioni del potere.
[Dialogante 2] Non ti
sembra di esagerare un po’? In fin dei conti la gerarchia diluisce il potere
distribuendolo su più gradi.
[Dialogante 1] Non lo
diluisce, lo molteplica. La somma dei vari sottopoteri supera di gran lunga il
potere del primo, perfino nelle dittature.
[Dialogante 2] Perché tutti
si allineano con il primo.
[Dialogante 1] D’altronde,
se non si allineassero, se cioè ciascuno aspirasse a una piena autonomia, ne
nascerebbe un generale disorientamento, il caos.
[Dialogante 2] È appunto a
salvaguardia del caos che si autogiustificano il potere e la gerarchia.
[Dialogante 1] Il rimedio
peggiore del male.
[Dialogante 2] Se non ti
sapessi critico dell’autonomia quanto del potere, gerarchizzato o no, direi che
ti sei buttato acriticamente in braccio all’anarchia.
[Dialogante 1] E diresti
male. Non nego qualche residuale simpatia per il pensiero anarchico, ma non
vado al di là di questa. La radicata antipatia per il potere, anche e
soprattutto nella sua declinazione gerarchica, credo mi derivi dalla infantile
esperienza del fascismo con la sua militarizzazione di tutti gli aspetti della
vita associata.
[Dialogante 2] Tra le
conseguenze della gerarchizzazione che anch’io non sopportavo c’era, non tanto
la sottomissione al superiore di grado, quanto la tracotanza di questo, che
pretendeva di estendere la sua ‘superiorità’ molto al di là della fascia che
portava al braccio.
[Dialogante 1] Mi viene il
sospetto che la mia, la nostra avversione per la gerarchia nasca da amor
proprio offeso, sentimento che alla stupidità unisce il ridicolo.
[Dialogante 2] Come sempre,
vai al di là del segno.
[Dialogante 1] Preferisco
la tracotanza alla suscettibilità.
[Dialogante 2] Da quando
siamo usi a dichiarazioni di principio?
[Dialogante 1] Potere e
gerarchia le meritano.
[Dialogante 2] Sai che cosa
ti manca?
[Dialogante 1] Che cosa?
[Dialogante 2] Un pizzico
di relativismo metaculturale.
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