lunedì 24 febbraio 2014

Tratta III.5 – Improvvisa consapevolezza



[Dialogante 2]                  E qual è questo punto?
[Dialogante 1]                  Ecco, vedi: noi umani facciamo una netta distinzione tra mente e corpo, anche se sappiamo benissimo che l’organo preposto al pensiero è il cervello, una parte del corpo composta, come ogni altra, da cellule. E ci teniamo moltissimo a questa distinzione, tanto è vero che remuneriamo assai diversamente le rispettive prestazioni. Sappiamo anche che ogni attività del corpo è regolata dalla mente, crediamo però che una ve ne sia, appunto il pensiero, esclusivamente esercitata dal cervello.
Orbene, praticando il Feldenkrais, ho spesso l’impressione di pensare, non solo col cervello, ma con l’intero corpo. Mi chiederai cosa produce in me questa singolare impressione: l’improvvisa consapevolezza che anche il pensiero è movimento, non diversamente dal sollevamento di una gamba, anzi è lavoro in quanto deve vincere la resistenza che gli oppone l’inerzia muscolare e non solo quella. Anche la mente conosce l’inerzia, particolarmente difficile da superare.
Il Feldenkrais produce consapevolezza, e questa è particolarmente utile quando, ridottisi, per l’età o per altre cause, gli automatismi che guidano i nostri movimenti sia muscolari che neuronici, abbiamo bisogno di ricostruire le sequenze comportamentali che ci permettono la sopravvivenza.
[Dialogante 2]                  Mi ha colpito la tua metafora di un pensiero realizzato attraverso le connessioni corporee.
[Dialogante 1]                  Non è una metafora. È proprio la sensazione indotta dal movimento reso cosciente dall’autoanalisi, secondo quanto accade nella pratica del Feldenkrais.
[Dialogante 2]                  Se non sbaglio è ciò che da anni state perseguendo come Centro Metaculturale, seppur con altri mezzi.

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