[Dialogante 2] E qual è questo punto?
[Dialogante 1] Ecco, vedi: noi umani facciamo
una netta distinzione tra mente e corpo, anche se sappiamo benissimo che
l’organo preposto al pensiero è il cervello, una parte del corpo composta, come
ogni altra, da cellule. E ci teniamo moltissimo a questa distinzione, tanto è
vero che remuneriamo assai diversamente le rispettive prestazioni. Sappiamo
anche che ogni attività del corpo è regolata dalla mente, crediamo però che una
ve ne sia, appunto il pensiero, esclusivamente esercitata dal cervello.
Orbene,
praticando il Feldenkrais, ho spesso
l’impressione di pensare, non solo col cervello, ma con l’intero corpo. Mi
chiederai cosa produce in me questa singolare impressione: l’improvvisa
consapevolezza che anche il pensiero è movimento, non diversamente dal sollevamento
di una gamba, anzi è lavoro in quanto
deve vincere la resistenza che gli oppone l’inerzia muscolare e non solo
quella. Anche la mente conosce l’inerzia, particolarmente difficile da
superare.
Il Feldenkrais produce consapevolezza, e
questa è particolarmente utile quando, ridottisi, per l’età o per altre cause,
gli automatismi che guidano i nostri movimenti sia muscolari che neuronici,
abbiamo bisogno di ricostruire le sequenze comportamentali che ci permettono la
sopravvivenza.
[Dialogante 2] Mi ha colpito la tua metafora di
un pensiero realizzato attraverso le connessioni corporee.
[Dialogante 1] Non è una metafora. È proprio la
sensazione indotta dal movimento reso cosciente dall’autoanalisi, secondo
quanto accade nella pratica del Feldenkrais.
[Dialogante 2] Se non sbaglio è ciò che da anni
state perseguendo come Centro Metaculturale, seppur con altri mezzi.
Nessun commento:
Posta un commento