[Dialogante 1] Eccoci appena usciti da un’altra
delle parentesi che potrebbero alla fine costituire la vera ossatura dei nostri
appunti; staremo a vedere. Ma tentiamo ancora una volta di rientrare in
carreggiata.
Attualmente
sono interessato a un ponte tra me e un metodo di educazione (nel mio caso di
rieducazione) corporea che è conosciuto col nome di metodo Feldenkrais. Sono ormai molti anni –non so quanti– che Valentina,
operatrice appunto del Feldenkrais,
ha in cura la mia mobilità, fortemente regredita negli ultimi tempi.
[Dialogante 2] E la cura ti giova?
[Dialogante 1] Posso dire con sicurezza che è
assai gradita al mio corpo, al quale durante la mia vita non avevo mai dedicato
sufficiente attenzione.
[Dialogante 2] E perché non l’avevi fatto?
[Dialogante 1] Probabilmente per influsso di mia
madre che, pur essendo una donna molto bella, ha sempre privilegiato
l’educazione mentale a quella corporea.
[Dialogante 2] E ora ti sei deciso a prendere in
considerazione anche il rivestimento dell’anima?
[Dialogante 1] La cosa è più seria di come
sembra. A parte il fatto che in molti mi hanno consigliato una cura
fisioterapica, sono stato attratto dal Feldenkrais
per le sue evidenti affinità con IMC.
[Dialogante 2] Come può un trattamento di
fisioterapia avere a che fare con una vera e propria filosofia quale si è
rivelata nel tempo essere IMC?
[Dialogante 1] Anzitutto il Feldenkrais non è fisioterapia, anzi, per certi versi ne è
l’opposto.
[Dialogante 2] Spiegati meglio.
[Dialogante 1] La tradizionale fisioterapia si
concentra volta per volta sulle parti sofferenti o invalidate del corpo, isolandole
in un certo qual modo dal resto, mente compresa. Nel Feldenkrais nessuna parte
del corpo viene considerata solo in sé, staccata dal resto.
[Dialogante 2] Un metodo olistico come ce ne
sono tanti.
[Dialogante 1] Non dico che sia l’unico, dico
solo che mi ha convinto per aver coinvolto nel suo ‘tutto’ anche la mente.
[Dialogante 2] Qualsiasi metodo olistico ha una
sua ‘teoria’ che si rivolge all’intelletto.
[Dialogante 1] Probabilmente hai ragione, non
sono un esperto di questo campo. Io comunque conosco questa e sulle altre non
mi pronuncio. Vorrei però aggiungere che con il Feldenkrais, almeno con l’interpretazione che ne dà Valentina, la
comprensione avviene prima nel corpo, poi nella mente, o, meglio, avviene sì
nella mente ma dopo che il corpo l’ha percepita. Per esempio, ricordo il nostro
primo incontro ‘terapeutico’: steso su un ampio lettino, a occhi chiusi e del
tutto rilassato, avverto una leggera pressione sull’alluce destro: “Toh, ho un
alluce: lo so, ma in genere non ci penso… e, poco più tardi: ma ho anche altre
dita e tutte queste, oltreché esserlo singolarmente, lo sono anche in quanto
facenti parte del piede… Forse è così che il neonato un po’ alla volta
costruisce l’immagine mentale del proprio corpo…” E così via.
[Dialogante 2] Interessante, ma dov’è l’aspetto
terapeutico, curativo?
[Dialogante 1] Non è tutto qui, ovviamente. Ma
fin da principio siamo indotti, non solo a pensare, ma anche a percepire
olisticamente, con il particolare sempre collegato al tutto, come se chi ha mal
di denti dicesse: mi fa male il corpo nel –o attraverso il, o per mezzo del–
dente. E, a pensarci bene, è proprio così.
[Dialogante 2] E potrebbe capitare che, per
curare un mal di testa, occorre agire su un piede o viceversa: molta medicina
orientale, come l’agopuntura, funziona su basi di questo tipo.
[Dialogante 1] Non conosco le origini del Feldenkrais, ma non escluderei influenze
orientali, ormai diffuse in tutto il mondo, ma un altro è il punto che più
m’interessa.
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