domenica 28 aprile 2013

Qualche riflessione propedeutica a una mutazione culturale (ii)


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Premetto che la lettura di ciò che segue richiede, per essere eventualmente condivisa, una sorta di accordo preventivo: che il lettore sia interessato alla ricerca, più che dello specifico disciplinare che distingue le singole attività nominate, di ciò che le accomuna e ne giustifica l’accostamento. Questo infatti non è ovvio né implicitamente contenuto nelle cose, ma consegue all’applicazione di IMC (Ipotesi Metaculturale), spesso ricordata in questi postini. C’è ora da domandarsi come, con quali strumenti compaiano le analisi metaculturali. E la risposta non può che essere: con la mente, cioè con la concettualizzazione dell’esperienza, ovvero con la depurazione di queste ultime dall’involucro culturale in cui l’abbiamo avvolta. Ma non è proprio questo involucro ciò che, secondo IMC, noi osserviamo, incapaci come siamo di andare oltre? E come potremmo depurare l’esperienza proprio della sua fenomenicità, della sua immagine culturale? Ancora una volta dobbiamo fare appello alla mente che, anche se non ci permette di andare oltre la culturalità, fa sì che noi la riconosciamo, rendendoci disponibili alla sua relativizzazione. Di tutto questo la nostra mente è senz’altro capace, e non da ieri ma forse da quando ci siamo differenziati, in quanto ominidi, dalla famiglia dei pongidi, ossia dalle grandi scimmie antropomorfe. Ma, se ne era capace, perché non l’ha fatto? Perché non ha acquisito precocemente uno stile di pensiero metaculturale, certo miglior garante di sopravvivenza di uno stile culturale? Un momento: siamo sicuri di questo, che la capacità di legare la comprensione al relativismo metaculturale offra maggiori probabilità di sopravvivenza che non una cultura delle certezze?

In epoche ancora molto vicine a noi un pensiero del genere era piuttosto raro che affiorasse alla mente benpensante, in quanto il vero, una volta che si fosse saputo, non avrebbe potuto essere revocato in dubbio, e chi non lo avesse riconosciuto avrebbe combattuto con ogni mezzo. Oggi però, dove lo scontro frontale sembra sempre meno adatto a risolvere le contese –nonostante questa semplice ‘verità’ sia ancora troppo poco condivisa– IMC, l’Ipotesi Metaculturale, va conquistando terreno a tutti i livelli, compresi quelli della quotidianità spicciola. Il concetto stesso di verità ultima e incontestabile va perdendo credibilità, senza che ciò pregiudichi la forza del pensiero, che anzi ha tutto da guadagnare dalla flessibilità di un’ipotesi che sappia adattarsi alla mutevolezza delle situazioni che non possono essere affrontate con strumenti mentali rigidi come il concetto assoluto di verità. A questo proponiamo oggi di sostituire quello relativistico di IMC che pervade anche tutto questo scritto.

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