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Premetto che la
lettura di ciò che segue richiede, per essere eventualmente condivisa, una
sorta di accordo preventivo: che il lettore sia interessato alla ricerca, più
che dello specifico disciplinare che distingue le singole attività nominate, di
ciò che le accomuna e ne giustifica l’accostamento. Questo infatti non è ovvio
né implicitamente contenuto nelle cose, ma consegue all’applicazione di IMC (Ipotesi Metaculturale), spesso ricordata
in questi postini. C’è ora da domandarsi come, con quali strumenti compaiano le
analisi metaculturali. E la risposta non può che essere: con la mente, cioè con
la concettualizzazione dell’esperienza, ovvero con la depurazione di queste
ultime dall’involucro culturale in cui l’abbiamo avvolta. Ma non è proprio
questo involucro ciò che, secondo IMC, noi osserviamo, incapaci come siamo di
andare oltre? E come potremmo depurare l’esperienza proprio della sua
fenomenicità, della sua immagine culturale? Ancora una volta dobbiamo fare
appello alla mente che, anche se non ci permette di andare oltre la
culturalità, fa sì che noi la riconosciamo, rendendoci disponibili alla sua
relativizzazione. Di tutto questo la nostra mente è senz’altro capace, e non da
ieri ma forse da quando ci siamo differenziati, in quanto ominidi, dalla
famiglia dei pongidi, ossia dalle grandi scimmie antropomorfe. Ma, se ne era
capace, perché non l’ha fatto? Perché non ha acquisito precocemente uno stile
di pensiero metaculturale, certo miglior garante di sopravvivenza di uno stile
culturale? Un momento: siamo sicuri di questo, che la capacità di legare la
comprensione al relativismo metaculturale offra maggiori probabilità di
sopravvivenza che non una cultura delle certezze?
In epoche ancora
molto vicine a noi un pensiero del genere era piuttosto raro che affiorasse
alla mente benpensante, in quanto il vero,
una volta che si fosse saputo, non avrebbe potuto essere revocato in dubbio, e
chi non lo avesse riconosciuto avrebbe combattuto con ogni mezzo. Oggi però,
dove lo scontro frontale sembra sempre meno adatto a risolvere le contese
–nonostante questa semplice ‘verità’ sia ancora troppo poco condivisa– IMC, l’Ipotesi Metaculturale, va conquistando
terreno a tutti i livelli, compresi quelli della quotidianità spicciola. Il
concetto stesso di verità ultima e incontestabile va perdendo credibilità,
senza che ciò pregiudichi la forza del pensiero, che anzi ha tutto da
guadagnare dalla flessibilità di un’ipotesi che sappia adattarsi alla
mutevolezza delle situazioni che non possono essere affrontate con strumenti
mentali rigidi come il concetto assoluto di verità. A questo proponiamo oggi di
sostituire quello relativistico di IMC che pervade anche tutto questo scritto.
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