lunedì 15 aprile 2013

Attaccamento alla vita (e XIX)


539 (19)Immagine della vecchia città di Mogadiscio
Quante serie di postini mi sarà ancora concesso di portare a termine?

Concesso? Da chi?

I modi di dire: relitti di un pensiero ormai vecchio e fuori uso?

No, c’è ancora chi pensa così – e sono in tanti, vecchi come giovani. E sono le lingue stesse a mantenere in vita le realtà fittizie che esse hanno creato. Non credo ci sia qualcuno tanto interessato, non dico a questi postini ma a quelli che potrebbero ancora venire, da adoperarsi a mantenermi in vita ancora per qualche tempo… Con i sensi percepiamo quel qualcosa che chiamiamo genericamente ‘mondo’, ma è con la parola che ne definiamo i particolari. Se vogliamo cambiarlo, dobbiamo cominciare a cambiare i linguaggi o meglio il pensiero –lo ‘stile di pensiero’– che li anima. Le parole, compresi i modi di dire ereditati dalla vecchiezza di linguaggi tengono in vita entità che non avrebbero altra ragione di esistere se non le parole con cui li designiamo. Una buona igiene verbale vorrebbe che ci rendessimo conto di ciò che diciamo, anche quando le parole vengono fuori da sole, trasportate dal flusso del discorso. A questo dovrebbe provvedere la scuola, che però si occupa di altro.
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Ritorniamo ai postini, che si stanno accumulando fuor d’ogni controllo, proprio quando sto raccomandandone l’uso più severo. Non m’illudo che i raggruppamenti –saltuari, niente affatto sistematici– in serie di 19 rappresentino una forma di controllo anche solo formale. La scrittura dei postini è accidentale, spesso autobiografica e dettata più da carenza che da eccesso di argomenti. Quindi potrebbe cessare in qualsiasi momento senza danno per nessuno, e l’unico cui servono è, come già detto, il loro estensore. L’attaccamento ai postini coincide per lui con l’attaccamento alla vita.

Nell’anziano questo attaccamento è maggiore o minore che nel giovane?

A giudicare dal fatto che una guerra la fanno anzitutto i giovani e anche le uccisioni per ragioni ideologiche o di fede, o per gelosia o volontà di potenza avvengono più spesso in età tutt’al più matura, si direbbe che i maggiori pericoli per la società e per la sopravvivenza della nostra specie provengano dall’intemperanza giovanile piuttosto che dalla saggezza senile.
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Non credo però che le cose stiano così.

Se il giovane è più disposto a usare la violenza che non l’anziano, quest’ultimo è meglio attrezzato per teorizzarla. Kamikaze, terroristi e dittatori hanno avuto e hanno bisogno che vengano neutralizzati i loro freni inibitori perché si scateni la loro aggressività, e questi freni vengono attivati da forme complesse di pensiero, alla cui elaborazione hanno di solito provveduto almeno in egual misura menti anziane, ricche di sapienza ed esperienza. E non è neppure detto che all’origine queste menti fossero indirizzate negativamente. Lo si è visto nel caso della rivoluzione sovietica, il cui esito, violentemente distrutto dall’impreparazione culturale delle ‘masse’, ne ha determinato la rovinosa caduta. Oggi ci troviamo in una situazione per certi versi analoga. Ancora una volta è l’impreparazione della popolazione –tutte, a cominciare da quelle che si considerano le più avanzate– a mettere in pericolo la pace mondiale con una cattiva gestione della democrazia. E questa volta l’errore potrebbe rivelarsi fatale per l’umanità intera. Ci viene detto da più parti e con argomenti ormai difficili da controbattere, perché appoggiati da ‘fatti’ ci cui siamo testimoni in questi giorni (marzo 2011). L’impreparazione alla democrazia è tanto più grave in quanto rischia di far fallire l’incontro fra la specie umana e la forma di aggregazione sociale che probabilmente è la sola che possa garantire per un tempo ragionevole la nostra sopravvivenza sulla Terra. Nata da una modulazione (metaculturale) tra individualismo e collettività, le democrazia deve avere la forza di sganciarsi dal capitalismo così come da qualsiasi altra costrizione ideologica usando la mente in primo luogo come strumento di chiarificazione di se stessa. Non è che il consiglio che un anziano rivolge soprattutto ai giovani.

[Fine dei 19 postini su “una nuova esperienza: l’essere vecchio”]

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