539 (19)Immagine della vecchia città di Mogadiscio
Quante serie di
postini mi sarà ancora concesso di
portare a termine?
Concesso? Da chi?
I modi di dire:
relitti di un pensiero ormai vecchio e fuori uso?
No, c’è ancora chi
pensa così – e sono in tanti, vecchi come giovani. E sono le lingue stesse a
mantenere in vita le realtà fittizie che esse hanno creato. Non credo ci sia
qualcuno tanto interessato, non dico a questi postini ma a quelli che
potrebbero ancora venire, da adoperarsi a mantenermi in vita ancora per qualche
tempo… Con i sensi percepiamo quel qualcosa che chiamiamo genericamente
‘mondo’, ma è con la parola che ne definiamo i particolari. Se vogliamo
cambiarlo, dobbiamo cominciare a cambiare i linguaggi o meglio il pensiero –lo
‘stile di pensiero’– che li anima. Le parole, compresi i modi di dire ereditati
dalla vecchiezza di linguaggi tengono in vita entità che non avrebbero altra
ragione di esistere se non le parole con cui li designiamo. Una buona igiene
verbale vorrebbe che ci rendessimo conto di ciò che diciamo, anche quando le
parole vengono fuori da sole, trasportate dal flusso del discorso. A questo
dovrebbe provvedere la scuola, che però si occupa di altro.
– – – – –
Ritorniamo ai
postini, che si stanno accumulando fuor d’ogni controllo, proprio quando sto
raccomandandone l’uso più severo. Non m’illudo che i raggruppamenti –saltuari,
niente affatto sistematici– in serie di 19 rappresentino una forma di controllo
anche solo formale. La scrittura dei postini è accidentale, spesso autobiografica
e dettata più da carenza che da eccesso di argomenti. Quindi potrebbe cessare
in qualsiasi momento senza danno per nessuno, e l’unico cui servono è, come già
detto, il loro estensore. L’attaccamento ai postini coincide per lui con
l’attaccamento alla vita.
Nell’anziano questo
attaccamento è maggiore o minore che nel giovane?
A giudicare dal fatto
che una guerra la fanno anzitutto i giovani e anche le uccisioni per ragioni
ideologiche o di fede, o per gelosia o volontà di potenza avvengono più spesso
in età tutt’al più matura, si direbbe che i maggiori pericoli per la società e
per la sopravvivenza della nostra specie provengano dall’intemperanza giovanile
piuttosto che dalla saggezza senile.
– – – – –
Non credo però che le
cose stiano così.
Se il giovane è più
disposto a usare la violenza che non l’anziano, quest’ultimo è meglio
attrezzato per teorizzarla. Kamikaze, terroristi e dittatori hanno avuto e
hanno bisogno che vengano neutralizzati i loro freni inibitori perché si
scateni la loro aggressività, e questi freni vengono attivati da forme
complesse di pensiero, alla cui elaborazione hanno di solito provveduto almeno
in egual misura menti anziane, ricche di sapienza ed esperienza. E non è
neppure detto che all’origine queste menti fossero indirizzate negativamente.
Lo si è visto nel caso della rivoluzione sovietica, il cui esito, violentemente
distrutto dall’impreparazione culturale delle ‘masse’, ne ha determinato la
rovinosa caduta. Oggi ci troviamo in una situazione per certi versi analoga.
Ancora una volta è l’impreparazione della popolazione –tutte, a cominciare da
quelle che si considerano le più avanzate– a mettere in pericolo la pace
mondiale con una cattiva gestione della democrazia. E questa volta l’errore
potrebbe rivelarsi fatale per l’umanità intera. Ci viene detto da più parti e
con argomenti ormai difficili da controbattere, perché appoggiati da ‘fatti’ ci
cui siamo testimoni in questi giorni (marzo 2011). L’impreparazione alla
democrazia è tanto più grave in quanto rischia di far fallire l’incontro fra la
specie umana e la forma di aggregazione sociale che probabilmente è la sola che
possa garantire per un tempo ragionevole la nostra sopravvivenza sulla Terra.
Nata da una modulazione (metaculturale) tra individualismo e collettività, le
democrazia deve avere la forza di sganciarsi dal capitalismo così come da
qualsiasi altra costrizione ideologica usando la mente in primo luogo come
strumento di chiarificazione di se stessa. Non è che il consiglio che un
anziano rivolge soprattutto ai giovani.
[Fine dei 19 postini
su “una nuova esperienza: l’essere vecchio”]
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