domenica 6 gennaio 2013

Ancora diciannove riflessioni su politica, potere, formazione (ix)



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Da qualche anno la tendenza più diffusa nei paesi democratici è la riduzione del numero dei partiti a due schieramenti contrapposti. Anche se all’interno degli schieramenti i partiti permangono, nei momenti cruciali –cioè essenzialmente agli appuntamenti elettorali– tutto si semplifica a favore di un sostanziale bipartitismo che però non soddisfa nessuno. Là in una società pluripartitica un singolo elettore cambia opinione politica e si iscrive per esempio a un altro partito, la cosa non è di particolare rilievo, a meno che non si tratti di un personaggio molto noto proprio per quelle sue opinioni. Anche se a cambiare contenuto è un intero partito, potranno esserci defezioni o crescite improvvise, ma la cosa non provocherà in genere scandalo o eccessivo risentimento. Se però a ‘cambiare casacca’ sono i componenti di uno schieramento, ecco che si parlerà di ‘ribaltone’ se non addirittura di ‘tradimento’. Lo schieramento viene evidentemente percepito da molti come più vincolante che non il partito o la coerenza con se stessi.

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