mercoledì 16 gennaio 2013

Ancora diciannove riflessioni su politica, potere, formazione (xi)


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Molti, per non dire tutti i problemi sociali cui l’adulto va incontro si manifestano già nell’infanzia ma nessuno è più trascurato che quello delle pari opportunità. Già la separazione tra scuola pubblica e privata contravviene a  questo principio base di uguaglianza. Solo che lo svantaggio culturale non è dalla parte che vorrebbero le famiglie abbienti. Ricordo di aver frequentato ambedue i tipi di scuola e di essermi trovato più a mio agio in quella privata, mentre la qualità dell’insegnamento era decisamente superiore nella scuola pubblica. Un altro punto che già da piccolo mi trovò in disaccordo con l’opinione oggi nuovamente in auge in ambito scolastico: il principio meritocratico. Certo, altri criteri discriminanti sono ancora meno accettabili, così la ‘spintarella’, molto di moda ai miei tempi ma, credo, altrettanto oggi. Ciò che non condividevo e non condivido è la discriminazione in sé, almeno ai primi livelli di scolarizzazione. Credo che compito delle scuole è offrire le migliori condizioni di sviluppo e apprendimento e tra queste non ritengo sia compresa la competitività, non perlomeno in questo stadio. Negli animali sarà pure così, ma non necessariamente nella specie umana dove l’evoluzione in senso darwiniano potrebbe aver fatto nascere altre forme relazionali dominanti come per esempio la cooperazione o la simbiosi. La scuola sarebbe quindi il terreno di prova per più di un modello relazionale tra cui selezionare quello vincente, ma non ha fatto che riproporre a un livello ‘superiore’ lo stesso modello competitivo. Potrebbe anche darsi che il nuovo modello di sviluppo sia asimmetrico nel tempo e che sia variabile, cosicché lo schema competitivo marcato fino a ieri dal segno +, da domani riceva il segno – e scompaia dalla storia della vita. Penso che la scuola abbia il duplice compito di conservare le scelte compiute finché si dimostrino favorevoli alla sopravvivenza, ma sia anche disposta a nuove scelte quando le vecchie non abbiano più ragion d’essere. Un tempo forse la competizione con le sue estreme conseguenze potevano avere un diritto di esistenza, oggi potrebbero non averlo più, e la guerra, che Darwin giudicava ancora indispensabile alla vita, potrebbe rivelarsi l’anticamera dell’estinzione, almeno per la nostra specie.

Tornando, credo che qualunque progetto di riforma, anche quindi un’effettiva riforma scolastica non miopemente ristretta all’immediata contingenza, debba affrontare i problemi di oggi congiuntamente a uno sguardo sufficientemente protratto verso un futuro sempre più incombente.

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