sabato 17 luglio 2010

Trilogia Berlusconiana - Parte Terza



Domo-komo, del manoscritto Bakemono Zukushi, del periodo Edo (XVIII-XIX secolo), artista ignoto




Il ‘caso’ Berlusconi pone alcuni interrogativi.
1. È veramente un ‘caso’ o una forma , seppure aberrante, di normalità?
2. Se è una forma di normalità, è propria dell’Italia, di determinati popoli, o è a diffusione più o meno generalizzata?
3. È un problema culturale?
4. È un problema connesso con la salvaguardia della specie?
5. Il modello sociale che ne deriva è adeguato alla situazione attuale?
6. Se non lo fosse, cosa si può fare?

***

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[Le seguenti ‘risposte’ rispecchiano solo un punto di vista personale.]

1. Non lo ritengo un ‘caso’. Troppe volte lo si è verificato dal tempo dei romani a oggi. Credo che rientri in una ‘normalità comportamentale’ riscontrabile fino nelle ‘ dominanze animali’.

2. Non credo che il fenomeno della ‘sudditanza’ –e, reciprocamente della ‘dominanza’– sia tipicamente italiano, né limitato ad alcuni popoli, anche se certe condizioni economiche e culturali lo favoriscono.

3. Nell’ottica ‘metaculturale’ che mi è abituale, il problema della ‘dipendenza’, originariamente psicologico e individuale, a livello di comunità si fa sociale, politico. Non è facile segnare una demarcazione tra le due dimensioni. Se nella dipendenza si vede una negatività –cosa non sostenibile per il mondo animale– il problema va affrontato fin nella prima infanzia promuovendo l’autonomia individuale.

4. Probabilmente nelle altre specie è così, se anche nella nostra il frequente riaffiorare di questo modello fa pensare che non sia pregiudizievole per la nostra sopravvivenza, nonostante i guasti che produce sia all’individuo che alla collettività siano incalcolabili.

5. Credo che la situazione attuale, proprio perché la sua instabilità raggiunge i livelli primi della sopravvivenza, richiede, più che una leadership mondiale, una presa di coscienza sia individuale che collettiva, tale da escludere per principio il berlusconismo e affini.

6. Credo che il modello economico sociale qui considerato –nient’altro che una delle infinite varianti del capitalismo– non sia più sufficiente garante di sopravvivenza. Che cosa fare allora?

La nostra proposta –non più di piccolo centro metaculturale, ma di vero e proprio Movimento per la Sopravvivenza– è ormai nota e informa di sé anche questi postini: LAVORARE CON TUTTI I MEZZI DI CUI DISPONIAMO ALLA TRANSIZIONE DALL’ERA DELLA PLURALITA’ CULTURALE A UN ERA METACULTURALE.

5 commenti:

Boris Porena ha detto...

È singolare che la proposta, estremamente positiva, di lavorare alacremente a una fase di transizione dall’era della pluralità delle culture a un’era metaculturale venga qui avanzata entro un contesto di tutt’altro tipo in relazione a un personaggio, Silvio Berlusconi, che non riesco a pensare minimamente interessato all’ipotesi metaculturale ( IMC). In realtà la proposta non nasce oggi, ma più di un trentennio fa, e ha dovuto attendere un lungo periodo di sperimentazione pratica nelle scuole e nei più diversi ambiti sociali, per trovare oggi la formulazione stringata ed esplicita riportata in questi postini . Non ripeterò quanto detto e argomentato in innumerevoli scritti. Di nuovo non vi è che la formulazione sintetica dell’appello che rivolgiamo a tutti gli interessati alla sopravvivenza di homo sapiens. A chi temesse che la sostituzione del termine ‘pluralità culturale’ con la singolarità dell’aggettivo ‘metaculturale’ , assicuriamo che IMC non è una teoria unificante, ma un’ipotesi che conserva intatta tutta la diversità culturale che rende così ricco e vario il mondo degli umani.

Anonimo ha detto...

1) la seconda che hai detto! :)))
2) anche quì, la seconda che hai detto, ma ...di determinati popoli
3) Sì,annoverando tra i problemi culturali i cosidetti problemi esistenziali.
4) Potrebbe essere nella misura in cui col crescere dell'autocoscienza cresce il senso critico anche nei confronti di quello che si dà per acquisito, compresa la " naturalità".
5) E' adeguato perchè ne sopisce la portata destabilizzante, ma non è risolutivo rispetto a ciò che la determina. (vedi analgesici )
6) questa è LA DOMANDA DELLE DOMANDE. Innanzi tutto resistere, sempre. POchi rimedi facili al senso di solitudine, educazione alla scoperta della paura. Considerare i bambini come l'unica sorgente di salvezza. Salvi i bambini, saremo salvi tutti, secondo me. Certamente questo implica rovesciare la cultura, credere nell'educazione, nella serietà dell'apprandimento infantile. Soprattutto riconoscere il nostro bisogno dei bambini per poter credere in noi stessi davvero.
Grazie per l'ascolto!
Orietta

Anonimo ha detto...

http://www.youtube.com/watch?v=SfxMjVfpYyA&feature=related

M.

Anonimo ha detto...

http://www.youtube.com/watch?v=rLx7gJOZiaI

Rigobaldo ha detto...

Grazie, Orietta, per il momento di riflessione. Ci crediamo all'educazione, e come - il Centro Metaculturale ci lavora da più di trent'anni, sia nella pratica culturale di base, sia nella formazione di formatori. Concretamente provando ad andare oltre nozioni e contenuti, cercando di aiutare a dare forma al proprio stile di pensiero.

Grazie a M. per i contributi satirici e di denuncia. L'argomento ci si presta, riconosciamolo - ma di satira e di denunce ce ne sono state tante, in questi ultimi sedici anni. Sembra che non bastino per cambiare il paese. Questa modesta trilogia propone un'altro approccio: cominciare (piuttosto continuare, non c'è pretesa di originalità) a pensare quale sia la nostra responsabilità collettiva, come si deva affinare la diagnosi, come si possa viaggiare insieme verso un'altro modo di pensare (che, senza cadere nello slogan più o meno facile, ci consta che sia possibile).

Cordialità,