domenica 25 luglio 2010

Sei suoni con molta eco (Claudio Maioli)

Pubblichiamo oggi un contributo dell'amico Claudio Maioli

hoder-slanger-keys-580x420

Poor Echo. Like a computer, she could only repeat what she’d been told.

Perhaps her doomed love affair with Narcissus is the ultimate metaphor for the relationship between Man and Machine.

- Sei pronta?
- Sì.
- Allora leggi.

Ha il foglio in mano e lo terrà fino alla fine, non deve sfuggirle niente, fa parte del gioco. Legge.

“Arpeggio mi4 mi3 si3 la3 mi4 si3, tutti bemolli, sapore di quarta sospesa, la quarta è il la, che compare una sola volta ma l’arpeggio è riverberato, direi tra Room e Hall, suoni sostenuti, passano alcuni secondi prima dell’estinzione e in quei secondi il la3 riesce a dare il sapore di quarta. La terza è assente, lo considero maggiore. Sono ottimista?”

Leggere di più ...
- Bene, e allora?
- Hai qualche idea?
- Ci sono i nomi delle note musicali, li ho imparati a scuola e me ne hai parlato spesso, senza i numeri però. Perché ci sono i numeri? Anche arpeggio e accordo mi dicono qualcosa ma non ricordo. E poi dovevamo continuare con il computer, che c’entrano le note?
- Un po’ di pazienza e ci arrivo.

L’arte di divulgare, di dire tutto a tutti, impone un paio di gesti, il primo è mettersi nei panni di un interlocutore ideale di riferimento presumendone le competenze. A volte resta tutto in famiglia: mamme, zie, nonne (l’editore Ponte Alle Grazie ha pubblicato nel 2002 il divertente e prezioso Internet spiegato a mia nonna di Francis Mizio nella traduzione di Fabrizia Parini), altre a avere fortuna si trova una persona come M., l’amica curiosa. Il secondo gesto, che ha senso solo dopo compiuto il primo, consiste nell’espandere i termini supposti criptici, oscuri per l’interlocutore dato.

Ecco dunque una frase criptica per molti che descrive un piccolo evento sotto le orecchie di tutti o più esattamente di molti. Fatto inevitabile, vuoi perché l’orecchio non ha palpebre vuoi perché spesso non c’è altra scelta: strapotere delle multinazionali!

M. è in conflitto tra l’impazienza e il piacere dello svelamento progressivo, per dirla con la parafrasi involontaria (?) del titolo di un film di Alain Robbe-Grillet. Ne approfitto e riprendo prolungando l’attesa.

- Giusto, sono note. A essere precisi 6 note tra le più ascoltate nel mondo, non chiedermi chi sia l’autore né se prenda i diritti. I numeri ti dicono dove trovarle nel campo di variazione delle frequenze. Qualche anno fa ti feci osservare il pianoforte, ricordi? La successione di 3 tasti bianchi interrotti da 2 neri e di altri 4 intramezzati a 3 neri, una successione che si ripete sette volte lungo tutta la tastiera. Sette ottave, ognuna di 12 note, che moltiplicate per sette fanno 88, il numero dei tasti di un normale pianoforte. Da sinistra a destra le note diventano sempre più acute e quasi tutte si ripetono sette volte (solo 4 di loro otto volte). Per distinguerle si mettono i numeri e più alti sono i numeri più acute sono le note. Ci siamo?
- Perché hai detto “tra le più ascoltate nel mondo”?
- Senti.

Suono al pianoforte le sei note l’una staccata dall’altra e guardo M. Me le fa ripetere. Le ripeto ancora staccate, M. è ancora perplessa, guarda il foglio con le frasi criptiche, qualcosa non le torna.

- Ancora.

Obbedisco. Non voglio abusare della sua pazienza così suono tenendo premuto il pedale destro, quello che lascia tutte le corde libere di vibrare. M. si illumina, mi sorride, torna al foglio.

- Che cosa vuol dire “riverberato tra Room e Hall”?
- Vuol dire “con riverbero”. Il riverbero è un fenomeno acustico. I suoni sono fatti di molecole d’aria che eccitate, importunate da un oggetto in vibrazione vanno avanti e indietro, non l’hai dimenticato, vero? L’oggetto per vibrare deve essere elastico, cioè fatto in modo che se lo sposti da dove sta tende a tornare dove stava, un po’ come quando a letto abbiamo ancora sonno e qualcuno cerca di scuoterci per farci alzare. L’aria è elastica, chi non ci crede prenda una siringa, la tappi dalla parte in cui si infila l’ago e provi a spingere o tirare lo stantuffo. Se l’aria non fosse elastica non udiremmo alcun suono, come accade dove l’aria proprio non c’è (a esempio nello spazio cosmico o sotto una campana di vetro da cui sia stata estratta).
Che vuol dire “riverberato tra Room e Hall”?
[M. è sempre M., quasi fosse una sfida sembra modulare la sua curiosità sul mio accanimento didattico (a proposito: le ho spiegato la modulazione?)]
- Ci arrivo, ancora un po’ di pazienza. Dunque i suoni sono fatti di molecole d’aria che spingono avanti e indietro altre molecole d’aria. Quando sentiamo un suono vuol dire che un bel po’ di loro ha colpito i nostri timpani e li ha scossi con più fortuna di chi voleva farci scendere dal letto. Ma l’aria quando c’è è dovunque, per questo il suono si sposta, si dice che si propaga, si diffonde dappertutto e abbastanza in fretta. Molto meno della luce, s’intende, ma molto più di noi anche quando corriamo al massimo: un atleta riesce a fare 100 metri in meno di 10 secondi, il suono ne fa 343 in un secondo.
- Va bene, i suoni sono fatti di aria che si spinge, ma qui c’è scritto Room e Hall, stanza e sala, CHE ACCIDENTI VUOL DIRE?



J.W. Waterhouse – Echo and Narcissus (1903)

- Ci siamo, ci siamo quasi. Ecco. Anzi: eco, che cos’è l’eco?
- Non sono io che faccio le domande?
- Giusto. I suoni fatti di aria sbattono contro tutto quello che trovano sul loro cammino, cioè in tutte le direzioni. Sei all’aperto, molto all’aperto, hai davanti una vallata con montagne, cacci un urlo: che succede?
- Che sento l’eco.
- Perché?
- Ancora domande! Il suono rimbalza, no?
- Già, rimbalza a esempio su una parete lontana di roccia. Se invece l’urlo lo cacci in una stanza (possibilmente vuota, se è piena di oggetti a forza di sbattere contro tutti loro il suono si spezzetta, i rimbalzi sono troppi, si annullano tra loro e non li senti) e se la stanza è abbastanza grande …
- Ho capito, senti come un rimbombo.
- Esatto, quel rimbombo, che è la somma di tanti echi o tante Eco … sai chi era Eco?
- Lo so, era una gran pettegola, una ninfa, finisci per favore.
- Quel rimbombo si chiama riverbero.
- E si chiama Stanza se è piccolo e Sala se è grande?
- Più o meno: Room e Hall sono due modi di chiamare i riverberi artificiali, realizzati elettronicamente. Se vuoi…
- Uh, tu guarda che ora si è fatta! Scusami, è tardi, ora devo proprio andare. Poi mi spieghi la faccenda dell’ottimista e del sapore di quarta. Ciao, alla prossima.

L’arte del divulgare impone un terzo gesto, utile sempre anche in teatro e spesso nella vita: sapere come e quando uscire di scena.

In questo caso non prima di un invito: per chi non avesse capito, ecco quali sono molto probabilmente i 6 suoni tra i più ascoltati del mondo.


Nessun commento: