sabato 3 luglio 2010

La gara



C'era una volta (ma non credo che fosse molto tempo fa) un
ingegnere che progettava robot, poi li faceva costruire e li teneva
presso di sé per studiarne le reazioni.Leggere di più ...I suoi robot erano di gran lunga i più perfezionati tra quanti ve ne fossero sulla terra. Non tanto per quello che facevano (in genere non si curava molto delle loro capacità di movimento) quanto per quello che riuscivano a pensare.
Uno in particolare, l'ultimo (perché poi non ne fece costruire più, come vedremo), lo teneva occupato da mattina a sera.
La complessità del suo cervello artificiale era tale che l'ingegnere non riusciva a trovare un problema, un calcolo, un'equazione che quello non sapesse risolvere in quattro e quattr'otto. Molte delle soluzioni avanzate dal robot non erano però delle vere e proprie soluzioni, ma delle abilissime riformulazioni dei problemi, cosicché toccava ora all'ingegnere tentar di risolverli.
Era una sfida.
Una sfida che l'ingegnere accolse con coraggio, anche con paura: gli sembrava fosse in gioco non solo la sua personale intelligenza, ma quella del genere umano tutto. Non ci dormiva la notte e al mattino riprendeva la gara stanca ancora del giorno prima. Il robot dal canto suo non provava alcuna emozione. Non aveva bisogno di riposare e pensava anche di notte. Mentre il robot accumulava vantaggio su vantaggio, l'ingegnere deperiva di giorno in giorno, nonostante le cure cui si era sottoposto. Sempre più spesso gli capitava di sbagliare e di farsi correggere dal robot, che invece sembrava incapace di commettere il più piccolo errore.
E venne una sera che l'ingegnere pensò: "Non ce la faccio più. Domani mi arrendo".
Vinse però l'ingegnere pur perdendo la gara. La mattina dopo andò infatti dal robot e gli disse: "Non ce la faccio a vincere la tua intelligenza con la mia. Quale intelligenza potrebbe riuscirci e come?"
Il robot, senza paura, risolse il problema autodistruggendosi. "Io al posto tuo - pensò l'ingegnere - avrei avuto paura e avrei preferito perdere la gara, come del resto l'ho persa adesso".
E smise di costruire robot.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

In questo caso, la paura è funzionale al cambiamento sano verso la vita. I problemi che creano ulteriori problemi derivano da un ciruito chiuso...e non è appunto un circuito robotico?
Il sentimento è fondamentale per la comprensione. I veri artisti ne sono provvisti ed è con la capacità di sentire e pensare sentendo che creano opere d'arte rispecchianti il pensiero-sentito universale.
O non è così? Lo chiedo al musicista compositore Boris. Grazie. Luisella

Boris ha detto...

mammamiaaa!!!!
B.