La gioventù e la vecchiaia, di Pietro della Vecchia
[526 (6)]
La vecchiaia non ci
sarebbe se non ci fossero i giovani a rimarcarla. Sono loro i suoi artefici, i
responsabili della sua diversità…
Così un vecchio
inacidito e scontroso. E avrebbe ragione se tra gioventù e vecchiaia ci fosse
opposizione. Ma non c’è, giusta la parola di un vecchio che l’età ha
risparmiato per concedergliene gli anni:
“Das Alter macht nicht kindisch, wie man spricht,
Es findet uns nur noch als wahre Kinder.”
Goethe, Faust, Vorspiel auf dem Theater
(L’età non rimbambisce, come si dice, ma ci trova ancora veri bambini.)
È una delle citazioni
cui ricorro assai spesso quando si tratta di descrivere lo stato in cui mi
trovo, ormai da parecchi anni, stato per certi versi di effettiva regressione
infantile, per altri di ipermaturità senile, non sempre gradevole per me e chi
mi sta intorno. Il guaio è che i due stadi non sono chiaramente distinguibili
né è in mio potere farlo cosicché chi non mi conosce bene non di rado resta
interdetto e non sa come prendermi, se come uno che ragiona o uno il cui
cervello è andato in auto. Spesso, anche quando scrivo, sono in dubbio io
stesso, rinforzato in questo dalla consuetudine con IMC che, tra le molte
virtù, non ha quella di fornire certezze. A chi mi chiedesse se rimpiango la
‘perduta giovinezza’ risponderei che no, non la rimpiango; semmai in certi
momenti di attonita meraviglia propri dell’infanzia, ma questi si ripropongono
a ogni primavera e ogni ascolto di un Lied
di Schubert, a ogni sguardo scambiato con Paola. Certo, farei volentieri a meno
dei dolori e della debolezza che mi impedisce di camminare, ma non sono ancora
al punto di preferire il passato al presente. Quello, oltretutto resta incluso
nel mio presente, e anche se qualche parte ne va perduta per il venir meno della
memoria, non me ne accorgo, come penso non mi accorgerò quando si perderanno
anche il presente con il suo carico di passato e il futuro con quel poco che
resta di speranza.
Nessun commento:
Posta un commento