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No, la vecchiaia assolutamente
non piace e ancor meno il suo punto di arrivo. Eppure, in media, la sopportiamo
in odio a quel punto. Con qualche eccezione, però. Ricordo ancora, dopo più di
sessant’anni, un’anziana signora, malata di cancro, che chiedeva –educatamente
ma con fermezza– di essere lasciata morire. I medici però le rifiutarono
cristianamente (!) l’estremo aiuto, condannandola ad altri due mesi di
sofferenza.
Non voglio però
parlare della morte, ma ancora della vecchiaia, che, bene o male, è vita, più
consapevole, forse, di esserlo che non le sue fasi precedenti. È più raro che
sia un anziano, e non un giovane, a spingere sull’acceleratore quando non è il
caso.
Quando ha inizio la
vecchiaia?
Ho conosciuto vecchi
di quarant’anni e anche meno. Io stesso a quell’età mi consideravo finito,
senza più un futuro né come uomo né come professionista. E non posso dire di
essermi sbagliato, perché, dopo quella precoce vecchiezza, la mia vita ha avuto
un secondo inizio, una seconda gioventù, cosicché quella che sto attualmente vivendo
posso dirla una seconda vecchiaia. Questa è indubbiamente assai più gravosa dal
punto di vista fisico che non la precedente. Quanto a equilibrio interno –un
tempo si sarebbe detto ‘spirituale’– è incomparabilmente più stabile
dell’altra. E per una ragione molto semplice: il ‘vecchio’ di allora non vedeva
un futuro per il suo passato, pur avendolo, il vecchio di oggi sa di non avere
un futuro, ma conosce quello che è stato il suo per tanti anni e sa che non ne
avrebbe desiderato uno migliore.
E che ne è
dell’unicità dell’io?
Un io scisso,
plurimo, privo di centralità?
Questa è l’esperienza
della mia vita, ma credo di poterla augurare a chiunque altro, se non alla mia
stessa specie animale.
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