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“Pensare con la
propria testa.”
È una massima cui IMC
ha dato da sempre il massimo valore, forse non del tutto meritato. Infatti non
è facile ricavarla per via diretta dalle definizioni di IMC. La sua ragion
d’essere sta piuttosto in una sopravvalutazione dell’individuo,
sopravvalutazione che dovrebbe compensare sia la frustrazione del ‘suddito’ sia
quella del ‘compagno’. L’indipendenza del giudizio, l’autonomia del pensiero, seppure
in molti casi auspicabili, solo in pochi sono realizzabili. E questo non tanto
per la tirannia della società quanto per la reificazione del concetto di autonomia. ‘Autonomo’ sarebbe chi si dà
da solo le regole di vita e di comportamento pur vivendo in un contesto che non
può concedergli per intero questa autonomia. Gli imenotteri sociali –api,
vespe, formiche– non la concedono affatto. Homo
sapiens come, prima di lui, altri mammiferi adiscono in varia misura a
compromessi che limitano la loro autonomia senza tuttavia negargliela del
tutto. Nella nostra specie lo spazio concesso al compromesso è massimo e noi
vaneggiamo che sia sconfinato e lo chiamiamo ‘libertà’.
“Pensare con la
propria testa”: sì, purché la propria testa tenga conto anche delle altre e non
pensi di potersi sostituire al loro insieme e forse neppure a una sola di esse.
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