venerdì 23 marzo 2012

5. L'ambiente antropico (La società)

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Ormai, sulla terra, quasi tutti gli ambienti sono più o meno antropizzati. Fanno eccezione le zone polari, desertiche e alcune foreste tropicali. Antropizzazione estrema presentano invece le grandi città e i terreni a coltivazione intensiva magari di specie geneticamente modificate (e in un modo o nell’altro lo sono tutte). Possiamo dire che l’uomo tende a sostituirsi dovunque alla natura [Questa affermazione va, al solito, relativizzata, se si considera l’uomo come facente parte della natura]. Anziché di ‘ambiente antropico’ possiamo parlare di ‘ambiente culturalizzato’ giacché è la ‘cultura’ l’agente trasformazionale introdotto dalla specie umana nel mondo. La domanda è: fino a che punto la ‘cultura’ interagisce con la natura o, al contrario, le si oppone?

A parte il fatto che anche l’opposizione può considerarsi una forma di interazione, la domanda intende chiarire se l’interazione natura↔cultura è positiva o negativa per l’uno o l’altro dei termini, o eventualmente per tutti e due. In qualche caso sembra vi sia vantaggio reciproco come quando un attrezzo agricolo non inquinante –perché attivato da forza animale– stimola il terreno a farsi produttivo e la produzione così ottenuta induce l’uomo a costruire altre e più efficaci attrezzature così funzionanti. È quello che si dice un ‘circolo virtuoso’, che si può mantenere in vita per centinaia, migliaia di anni senza nulla perdere della sua efficacia. Altrimenti accade quando entra in gioco il concetto di ‘sfruttamento’, il cui modello non è circolare ma ‘a restringimento’.
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Nel primo caso (modello circolare) c’è si un consumo energetico, ma a carico di una fonte per noi inesauribile: il sole. Nel secondo l’energia consumata è a carico nostro (o del nostro pianeta) e non si tratta più di un’energia indefinitamente rinnovabile.

[I due modelli qui citati sono fortemente semplificati. Come ognuno può vedere sono stati omessi molti stati intermedi, in particolare quelli resi possibili dallo sviluppo tecnologico (meccanizzazione, automazione…)].

Ma, dirà qualcuno, se anche non indefinitamente rinnovabile, l’energia ottenibile dalla trasformazioni materiali eccede ancora di gran lunga le nostre esigenze vitali…

Può darsi che sia così, ma la nuova emergenza che ancora non abbiamo valutato a sufficienza è la questione dei rifiuti, delle scorie di qualsiasi genere, radioattive o no. Aumentando la produzione, aumentano i rifiuti, ma soprattutto si diversificano i tipi di inquinamento e si instaura una sorta di gara a chi più inquina (oggi si parla anche di ‘inquinamento informatico’).

L’interazione individuo-ambiente è in buona parte codificata dai patti sociali stipulati nelle varie culture. Questi patti è probabile che in una prima fase tribale andassero a vantaggio di tutti i componenti della tribù (non necessariamente anche dei componenti delle tribù vicine, che semmai erano visti come concorrenti sul territorio). Ingrandendosi poi le dimensioni territoriali della tribù e differenziandosi la sua costituzione interna, anche i patti sociali divennero una variabile rispondente alle esigenze dei vari strati (caste, classi) in cui la società veniva articolandosi. È quindi opportuno analizzare anche l’interazione individuo-ambiente secondo percorsi in qualche modo istituzionalizzati. [Non essendo questo breve scritto uno studio con pretese scientifiche, mi limiterò a qualche accenno concernente modelli di normale occorrenza].

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