domenica 12 dicembre 2010

Chi può dirsi poeta?



Chi può dirsi poeta?
Chi si ferma a guardare una rosa, un sasso, un grumo di terra?
Chi ti parla di una rosa, un sasso, un grumo di terra?
Chi te ne parla in endecasillabi sciolti?
Chi te ne parla in rima?
Chi non te ne parla affatto ma punta il dito?
sulla rosa, sul sasso, sul grumo di terra?

Chi può dirsi poeta?
Chi è al suo quinto volume di versi?
Chi al suo primo verso, che però non gli è riuscito?
Chi di versi ne ha pensati tanti, scritti neppure uno?
Chi di versi ne ha pubblicati dieci libri, tutti vuoti?
Chi di versi ne ha pubblicati dieci libri, ma detesta la poesia
e a chi gli chiede perché, non sa rispondere?

Chi può dirsi poeta?
Un boia in pensione?
Un pentito di mafia?
Un macellaio che si è amputato una mano?
Una madre cui hanno seppellito il figlioletto?
Una prostituta che non rimedia più, o il protettore
che vuole scaricarla?

Forse chi è tutto questo e molto altro ancora, come
vi suggerisce la seguente

Leggere di più ...Parabola del poeta

Aveva una incredibile abilità di verseggiatore, sapeva comporre un intero poema stando ritto su un piede solo (l’iperbole non è nuova). Un versaiolo da strapazzo, diranno i lettori. E invece no! Trattava estemporaneamente in versi i più riottosi argomenti di fisica, dalla teoria della relatività al principio di indeterminazione e oltre, ai quark, alle stringhe, ai twistor. Argomentava in versi anche di logica, filosofia, teologia. I suoi versi d’amore commuovevano gli ascoltatori fino alle lacrime, quelli umoristici suscitavano incontenibile ilarità. Spesso gli venivano proposti gli argomenti più astrusi –come una volta sulla raccolta differenziata dei rifiuti– per mettere alla prova la sua bravura di poeta. E non poetava solo nella sua lingua madre, ma anche nelle principali lingue europee e in swahili.

Già si pensava di assegnarli il Nobel per la letteratura, quando un fatto inaspettato fece cambiare idea alla commissione. Si scoprì che non era lui l’autore degli incredibili versi, ma un computer di inaudita potenza, capace di assemblare in forme sintatticamente corrette (ancorché audacissime) espressioni tolte dai più diversi ambiti culturali e rigorosamente testate nella loro momentanea validità. Niente più che un gioco era poi la loro traduzione in versi e l’affidamento alla voce o alla scrittura umana.

Vinse sì il Nobel, ma per l’informatica, mentre fu abolito, nonostante qualche iniziale dissenso, il premio per la letteratura.

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