lunedì 16 agosto 2010

Perchè IMC? (prima parte)



E' presto detto [...]: dialogare anzichè difendere, accettare pregiudizialmente la parità del diverso. Tutti parlano oggi di tolleranza, ma la parola stessa è inadeguata. Il diverso non basta che venga "tollerato" (chi di noi si contenterebbe di essere tollerato?), occorre che lo si cerchi come si cercherebbe una ricchezza, un vantaggio.
Leggere di più ... Fino a ieri (ma siamo sicuri che oggi le cose vadano altrimenti?) il diverso, comunque inteso, era già quasi un nemico, qualcosa di cui diffidare, da tenere a bada per non farsene inquinare. Gli odi interetnici non hanno altra origine, altra motivazione, ed è singolare come una forma così arcaica di pensiero sia potuta sopravvivere fino ai nostri giorni, nel pieno dell'era tecnologica ed informatica. E non solo è sopravvissuta questa mentalità, ma per più volte nel corso del Novecento ha messo seriamente a repentaglio la sopravvivenza stessa del genere umano e tuttora non c'è da star sicuri.
Ma non dovrebbero bastare i continui richiami alla pace, alla solidarietà tra i popoli, ai diritti dell'uomo, alla fratellanza universale, richiami di cui sono pieni l'etere informatico e la carta stampata di tutto il mondo?
No, non bastano.
Un conto è l'ideologia della pace, della fratellanza, un conto i comportamenti che dovrebbero seguirne ma che il più delle volte la contraddicono, a cominciare dalle piccole cose, dal litigio in famiglia alla sopraffazione di un concorrente. Sappiamo tutti che la guerra non è più una soluzione proponibile per risolvere i conflitti (ce lo impedisce la bomba H), eppure la guerre continuano a farsi, così come ci si droga ben sapendo a che rischi si va incontro. Probabilmente occorrerà del tempo a che la pratica della pace consegua alle dichiarazioni ideologiche, ma intanto che cosa fare, come preparare il terreno a un futuro di dialogo e di reciproca "modulazione culturale"?

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