[Dialogante 1] Non sarebbe
male che ci fermassimo a riflettere su ciò che stiamo facendo?
[Dialogante 2] Non un libro,
come già detto in apertura, ma un certo numero di frammenti – ponti – congiungenti
più o meno a caso i ‘nodi’ di una ‘rete’ che l’UCL in cui viviamo ha costruito
nel nostro cervello.
[Dialogante 1] Prima
domanda:
Che parte ha avuto l’io nella costruzione di questa rete?
Che parte ha avuto l’io nella costruzione di questa rete?
[Dialogante 2] Cerco di
rispondere:
Spero che la lunga consuetudine, anche operativa, con IMC ci stia concedendo un margine di autonomia del pensiero che le culture di solito non concedono.
Spero che la lunga consuetudine, anche operativa, con IMC ci stia concedendo un margine di autonomia del pensiero che le culture di solito non concedono.
[Dialogante 1] Seconda
domanda:
Che cosa ti ripropone con queste Tratte? Pensi che ci passerà sopra qualcun altro oltre noi?
Che cosa ti ripropone con queste Tratte? Pensi che ci passerà sopra qualcun altro oltre noi?
[Dialogante 2] Non penso
che avranno un riscontro sociale immediato, come non l’hanno avuto le Indagini
metaculturali in passato. Perché un riscontro ci sia è necessario che
gli scritti siano almeno pubblicati, cosa che anche per questi ponti ritengo altamente improbabile,
almeno me vivente.
[Dialogante 1] Scusa se
insisto. Ma allora perché continui accanitamente a scrivere?
[Dialogante 2] Per restare
un vivente.
[Dialogante 1] Quindi il
tuo impegno sociale non è autentico? Serve solo a te.
[Dialogante 2] Che serva a
me è indubbio, che serva anche ad altri è una mia speranza.
[Dialogante 1] Terza
domanda:
Ti stupiresti se un domani, anche dopo di te, il consumo arrivasse, e anche abbondante?
Ti stupiresti se un domani, anche dopo di te, il consumo arrivasse, e anche abbondante?
[Dialogante 2] E come
potrei, se non ci sarò più?
[Dialogante 1] Dico, come
Faust: “Im Vorgefühl von solchem Glück,
genieß ich jetzt den höchsten Augenblick”[1].
[Dialogante 2] Non sono
Faust, ne ci tengo ad esserlo. Semmai Goethe, che sapeva essere a un tempo
Faust e Mefistofele. Sono stato fortunato, ma non fino a questo punto! Ora
però, secondo le migliori tradizioni[2],
tocca a me porre domande.
Quarta domanda:
Ha senso vivere per gli altri?
Quarta domanda:
Ha senso vivere per gli altri?
[Dialogante 1] Mi sembra
che a essere insensata è la domanda.
[Dialogante 2] Ma allora
Madre Teresa di Calcutta, Francesco d’Assisi e lo stesso Gesù Cristo?
[Dialogante 1] Non credo
abbiano vissuto per gli altri. La vita l’hanno vissuta per se stessi. È il loro
io – o, se si vuole, il loro es – a essere tanto grande da
comprendere anche gli altri. Comunque non è questo il caso mio. Se degli altri
mi sono occupato – e anche di questo non sono sicuro – , per curiosità, per
cercare di capirli come ho cercato di capire i coleotteri.
[Dialogante 2] Quinta
domanda:
L’agire umano risponde a finalità?
L’agire umano risponde a finalità?
[Dialogante 1] Le ‘finalità’
sono un’invenzione nostra; la vita e l’agire no.
[Dialogante 2] La vita
forse non lo è, ma le azioni sono di nostra responsabilità, le decidiamo in
base alla nostra volontà.
[Dialogante 1] Credi?
[Dialogante 2] Mi
piacerebbe crederlo.
Sesta domanda:
La vita ha un fine?
Sesta domanda:
La vita ha un fine?
[Dialogante 1] Non so
proprio come risponderti. Non so neppure se ha una fine a prescindere dalla fine individuale. Credere in un fine,
un telos, presuppone uno stile
mentale che non è il mio.
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