lunedì 7 gennaio 2013

Ancora diciannove riflessioni su politica, potere, formazione (x)


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Gli argomenti usati dalla destra nel dibattito politico si riducono generalmente all’aver vinto molte tornate elettorali consecutive senza altro che appunto questo. Certo, si tratta di un argomento assai forte in democrazia, ma è perlomeno singolare che, visti i risultati fallimentari ottenuti, si continui a prestar fede al modello politico prescelto. È vero che in altri paesi i risultati sono stati altrettanto deludenti, ma è difficile negare che nell’insieme la democrazia rappresentativa abbia bisogno, per reggere la concorrenza, di energici correttivi in senso totalitario. Un tale correttivo è del resto già in atto da noi con l’autocrazia del governo Berlusconi che di democratico ha solo più il nome. La svolta autocratica dell’attuale (fine 2010) governo italiano è avvenuta tuttavia per un abbassamento della soglia di coscienza individuale a fronte di un attacco mediatico senza precedenti. I sistemi formativi non sono ancora oggi preparati a sostenere questo attacco, e così la svolta autocratica, necessaria forza a riequilibrare la deriva anarchica innescata dal berlusconismo come prima fase della sua conquista del potere, è stata gestita all’interno dello stesso disegno politico. Non possiamo essere sicuri che questo disegno sia stato concepito ed eseguito con questa lungimiranza – bisognerebbe riconoscere al suo ideatore qualità politiche sicuramente eccezionali, ancorché perverse. Comunque, cosciente o no, l’itinerario percorso dall’avventura berlusconiana è, credo, ben rappresentata da una descrizione. Ma non è certo questo il correttivo autoritario di cui la democrazia ha bisogno per uscire dal pantano anarcoide in cui è precipitata.

E allora qual è l’auspicato correttivo, come dobbiamo immaginarne la costruzione?

È impensabile affidarla a un unico artefice personalizzato. Il pericolo è troppo grande che prevalgano come una volta interessi personali, anche se di senso contrario a quelli rappresentati dal berlusconismo. Il correttivo cui accennavo –almeno fin quando sia necessario apporlo a una democrazia fortemente inquinata– non può che essere frutto di un pensiero logicamente rigoroso a costo di apparire, come dicono alcuni, ‘giustizialista’. Vedrei questa come una fase politica di transizione volta al ristabilimento di una condivisibile convivenza civile, una sorta di rifondazione dello stato democratico. Una fase del genere non credo possa essere affidata ai partiti, che per forza di cose finirebbero per soggiacere ai particolarismi che tuttora ne guidano le azioni. C’è bisogno di una nuova costituente che appronti una nuova Costituzione, figlia della precedente, che nasca dall’esame, criticamente approfondito, di quanto avvenuto nel sessantennio appena trascorso. A questa Costituente dovrebbero essere chiamati filosofi, politologi, sociologi, giuristi e altri studiosi di discipline interessanti la comunità, più una congrua rappresentanza di un pensiero di base – ulteriormente definibile. A questo comitato fondante dovrà essere garantito un periodo di lavoro sufficientemente lungo per produrre un testo in grado di adeguare il precedente alle nuove esigenze emerse in questo lasso di tempo. Ripeto: è essenziale che la valutazione di quanto avvenuto non sia affidata alle basi politiche –e o loro leader– attivi in precedenza. Questa condizione, che a qualcuno potrà apparire stravagante e forse anche ingiusta, è resa probabilmente necessaria per azzerare una situazione divenuta ormai insostenibile. Lo stato confusionale in cui sembra essere caduta la società italiana ha, credo, bisogno di un ritorno –si spera momentaneo– alla pratica terapeutica dell’elettroshock.

1 commento:

Mauro Scardovelli ha detto...

Caro Boris,
sono d'accordo con il tuo pensiero. Ci vorrebbe una costituente che riformulasse i principi della nostra democrazia, in quanto si sono persi per strada. Essa dovrebbe solo precisare i diritti già contenuti chiaramante nella nostra costituzione, in modo che la loro interpretazione e applicazione diventasse più incisiva e cogente. La nostra costituzione contiene già tutto quello che serve. Ma è stata gradualmente sempre più disattesa e disattuata.
La sovranità non appartiene più al popolo, ma è stata delegata ai mercati finanziari. E questo è decisamete incostituzionale.
Un bellissimo libro che può servire per approfondire questo tema e quello di Salvatore Settis, Azione popolare, dove si dice che in tali casi secondo la nostra costituzione è diritto dovere dei cittadini la resistenza civile verso la svendita della sovranità. Libro molto ben argomentato. L'autore è uno storico dell'arte, che ha anche ricevuto la laure in legge honoirs causa.
Un affettuoso saluto.
mauro