venerdì 4 gennaio 2013

Ancora diciannove riflessioni su politica, potere, formazione (vii)




Il combattimento, di Edward Hart

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Di che cosa parlano allora se non di politica quelli che dicono di parlar di politica? Di crescita economica, di progresso materiale, di guadagno, di benessere, il tutto riferito soprattutto a se stessi, alla propria situazione locale. Il benessere di una popolazione andina o centroafricana ci importa assai meno, possiamo addirittura dire che il coinvolgimento diminuisce con il quadrato della distanza, e, se fingiamo una partecipazione maggiore, o è per altro tipo di interessi o per ipocrisia. Del pari risulta spesso fastidioso il continuo richiamo al ‘popolo’ (sovrano) e alla sua ‘volontà’, espressi nelle forme alquanto disturbate delle votazioni e condizionate dalle voci più forti e promettenti. Nulla di ciò può dirsi ‘politica’, se non in un senso fortemente degradato.

La stessa locuzione ‘lotta politica’, segnala una distorsione di senso che ci allontana da quello che dovrebbe essere il significato primo del termine in questione. Perché ‘lotta’ e non ‘confronto’ o meglio ‘analisi’, ‘riflessione’? Difficilmente diremmo guerra una divergenza tra correnti filosofiche o ipotesi scientifiche; lo diciamo però –e non ci limitiamo a dirlo– tra religioni, anche per piccole varianti, o meglio che appaiano piccole a chi non se ne fa un’arma offensivo-difensiva. E perché questa differenza di valutazione? Per l’associazione con il potere, non solo ideologico ma anche effettivo, materiale. La politica non include necessariamente l’idea di ‘potere’, anzi delimita piuttosto un’area dove la differenza venga trattata dialetticamente con esclusione della forza. Una politica che porti allo scontro non è, non dovrebbe essere considerata una ‘buona politica’, in quanto non fa altro che aggiungere danno al danno. Forse, finché abitavamo luoghi che si pensavano distanti l’uno dall’altro poteva avere un senso, grettamente egoistico, mirare a una posizione di privilegio per sé o per il proprio gruppo di appartenenza. Oggi che abbiamo conosciuto l’infinita piccolezza della terra è quasi ridicolo lottare per una qualche supremazia vuoi economica vuoi culturale, e la politica farebbe a occuparsi del benessere di tutti nella misura compatibile con le nostre aspettative di vita.

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