sabato 5 gennaio 2013

Ancora diciannove riflessioni su politica, potere, formazione (viii)


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Non so che risonanze risvegli la parola ‘politica’ nelle varie lingue. Lo so solo per la lingua italiana perché la mia conoscenza, pur buona, del tedesco ha avuto poche occasioni di misurarsi con argomenti politici, essendosi evoluta nella quotidianità solo durante l’infanzia e per il resto in ambito letterario-filosofico. La mia impressione è tuttavia che se ne faccia minor consumo che in Italia, nel senso che in Germania chi parla di politica sa in genere di che cosa parla mentre da noi sa tutt’al più quel che ha detto la televisione. Può darsi tuttavia che si tratti di una falsa impressione dipendente dal fatto che, vivendo io in Italia, sono più facilmente infastidito dal comportamento dei miei concittadini che da quello di persone con cui vengo a contatto più raramente.

Mi capita spesso di seguire i nostri dibattiti politici in televisione. Mentre l’uno sostiene con ardore la tesi che 2+2=4 si vede l’altro scuotere ostensivamente la testa, impaziente di manifestare il suo dissenso, che esploderà ben prima che quello abbia terminato il suo intervento. L’intensità delle voci aumenta, quasi che, se si parla più forte in due ci si capisce meglio. A questo punto si aggiunge la voce del conduttore che tenta invano di separare, con la sua, le vocalità dei contendenti. Eventuali altri partecipanti ritengono sia giunto il momento di dire la loro e lo fanno trascinando con sé una parte del finto pubblico casualmente presente in sala. Per parcondicio interviene anche l’altra parte finché sopravviene, provvidenziale, la Pubblicità e per qualche istante si ode, chiara e distintiva, una voce che ci informa su una marca di tortellini che conoscevamo già da anni. Questo spettacolo polifonico si ripete più volte al giorno quasi senza varianti. Con questo non voglio dire che le parole pronunciate siano solo chiacchiere da salotto o parole al vento. Spesso sia le tesi esposte che gli argomenti contrari o a favore sono senz’altro degni di attenzione, solo che così trattati in forma antagonista senza che neppure se ne osservino le occasionali convergenze e le possibili modulazioni reciproche, finiscono per elidersi a vicenda. L’orientamento che ne deriva è incerto e la situazione di stallo, con grande dispendio di energia non utilizzata, l’economia entra in sofferenza e il cittadino con lei. Ma il problema non è solo dei dibattiti televisivi, dove l’impossibilità di raggiungere un accordo può addirittura giovare allo spettacolo. Ma fuori d’Italia la politica non si limita ad essere ‘spettacolo’.

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