mercoledì 11 marzo 2009

La Terza Rivoluzione - eccoci, ci siamo

Oggi diamo la parola a Fred Vargas, il cui Nous y sommes del Novembre 2008 sta facendo il giro della rete.


Eccoci, ci siamo. È da cinquant’ anni che questa tormenta è in agguato negli altoforni dell’umanità, ed eccoci che ci siamo. Contro il muro, sull’orlo del baratro, col brio che soltanto l’uomo sa metterci, avvertendo la realtà solo quando gli fà del male. Proprio come la nostra buona cicala, alla quale attribuiamo la nostra spensieratezza. Abbiamo cantato e ballato. Riferendomi a «noi», intendo una quarta parte dell’umanità, mentre il resto stava nelle difficoltà.
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Abbiamo costruito la miglior vita, abbiamo gettato i nostri pesticidi nei fiumi, i nostri fumi in aria, abbiamo guidato tre macchine, abbiamo svuotato le miniere, abbiamo mangiato le fragole dell’altro estremo del mondo, abbiamo viaggiato in tutti le direzioni, abbiamo illuminato le notti, abbiamo indossato delle scarpe da ginnastica che lampeggiano quando si cammina, siamo ingrassati, abbiamo bagnato il deserto, acidificato la pioggia, creato dei cloni, francamente si può dire che ci siamo proprio divertiti. Ci sono riusciti dei colpacci veramente di effetto, proprio difficili, come sciogliere i ghiacci polari, fare scivolare sotto terra delle bestioline geneticamente modificate, spostare la Gulf Stream, distruggere un terzo delle specie viventi, fare scoppiare l’atomo, interrare dei residui radioattivi, cose né viste né sentite. E’ certo che ci piacerebbe proprio continuare così, è palese che sia più spassoso saltare in un aereo con delle scarpette luminose che rincalzare le patate. Ci mancherebbe.

Ma ci siamo. Nella Terza Rivoluzione. La quale ha qualcosa di molto differente dalle prime due (la Rivoluzione neolitica e la Rivoluzione industriale, per dovere di cronaca), cioè che non è stata scelta. « Siamo obbligati a farla, la Terza Rivoluzione? » domanderanno alcuni individui reticenti e guastafeste. Sì. Non si ha più scelta, essa è giá cominciata, non ci ha chiesto la nostra opinione. La mamma Natura lo ha deciso, dopo averci gentilmente permesso di giocare con lei per alcuni decenni. La mamma Natura, esaurita, deturpata, esangue, ci chiude i rubinetti. Quelli del petrolio, del gas, dell’uranio, dell’aria, dell’acqua. Il suo ultimatum è chiaro e spietato: salvatemi o crepate con me (eccezione fatta delle formiche e dei ragni, che sopravvivranno, visto che sono assai resistenti, e per di più poco portati per la danza). Salvatemi o crepate con me. Evidentemente, detto così, si capisce che non si ha scelta, subito ci diamo da fare e persino, se si ha il tempo, ci si scusa, sconvolti e con vergogna. Ce ne sono alcuni, un briciolo sognatori, che provano ad allungare i tempi, a divertirsi ancora con la crescita. Inutile sforzo. Cè del lavoro, più di quanto l’umanità non ne abbia mai avuto. Pulire il cielo, lavare le acque, ripristinare la terra, abbandonare la propria macchina, congelare il nucleare, ricuperare gli orsi bianchi, spegnere quando ce ne andiamo, prenderci cura della pace, tenere a bada l’avidità, trovare delle fragole vicino a casa propria, non uscire la sera per raccoglierle tutte, lasciarne alcune per il vicino, rilanciare la navigazione a vela, lasciare il carbone là dove si trova –attenzione, non lasciamoci indurre in tentazione, lasciamo tranquillo questo carbone–, raccogliere lo sterco, pisciare nei campi (per il fosforo, non ne abbiamo più, abbiamo preso tutto nelle miniere, ce la siamo spassata proprio perbene). Fare uno sforzo. Persino riflettere. E, senza voler offendere con un termine caduto in disuso, essere solidali. Col vicino, con l’Europa, con il mondo. Un programma colossale, quello della Terza Rivoluzione. Non ci sono delle scappatoie, andiamo. Anche se c’è da dire che raccogliere lo sterco, e lo sanno tutti coloro che lo hanno fatto, è un’attività fondamentalmente soddisfacente. Che non ci impedisce affatto, giunta la sera, di danzare; non è incompatibile. A patto che ci sia la pace, a condizione che preveniamo il ritorno della barbarie –un’altra delle grande specialità dell’uomo, forse quella che gli è più riuscita. A questo prezzo, avremo del successo con la Terza Rivoluzione. A questo prezzo danzeremo, senza dubbio in un’altra maniera, ma danzeremo ancora.


Traduzione italiana propria, 2009, a libera disposizione di chiunque voglia citare l'origine


1 commento:

Anonimo ha detto...

Caro Boris, ho conosciuto personalmente Dario Fo, che considero un grandioso rappresentante di ipocrisia.
La mia esperienza è diretta e mi sono preso l'impegno, contro il "coram populo", di testimoniare la mia esperienza. Ho conosciuto una persona preoccupata solo del suo spazio scenico, indifferente, calcolatrice e che ha esercitato il suo potere come il peggiore dei dittatori.
Non merita di apparire sul tuo blog.
Ma naturalmente questa è solo la mia esperienza.
Grazie a te per la tua musica e il tuo pensiero,
Antonio Bilo Canella