Credo che, se i cosiddetti acciacchi dell’età si fossero presentati tutti
assieme, non li avremmo sopportati. Ma la natura benevola ci da, per ogni nuovo
acciacco, un tempo di assuefazione che ci permette di convivere con esso. E
così anche la perdita di facoltà che consideravamo permanenti e di conseguenza
la cessazione di attività che ci apparivano vitali risultano alla fin fine meno
gravose di come avevamo pensato. Così un poco alla volta ho smesso la mia
attività di compositore (che ritenevo irrinunciabile per la vita stessa), ho
cessato la raccolta di coleotteri (mai interrotta dal 1940), ho coscientemente
avviato l’oblio della lingua materna (ho parlato prima il tedesco che l’italiano);
ho perso in buona parte l’udito, la vista, il gusto, l’appetito sessuale,
eppure eccomi qua, seduto sul balcone di casa immerso nel verde cangiante di
confluenti chiome di tiglio, robinie, vite e alloro, che scrivo queste tratte, sbirciando a volte con
soddisfazione ai libri delle Indagini metaculturali che si vanno
accumulando alle mie spalle. Vivo una vecchiaia fortunata che non tutti hanno
in sorte, posso dire che a questa vecchiaia, forse inconsapevolmente, mi sono
preparato – o è stata la vita stessa a prepararmi – ed è questo che voglio
ripetere ai giovani e meno giovani: non aspettate che la vecchiaia sia
conclamata, essa comincia a venti anni, così come la gioventù non conosce un
limite superiore. Non so se la vita sia un processo unitario e coerente, ormai
penso piuttosto che sia plurimo e discontinuo, conviene però immaginarlo come
un tutt’uno, la cui coerenza è a nostro carico, sempreché vogliamo riconoscerci,
da quando nasciamo a quando moriamo, come individui e non come un semplice
ammasso di cellule. La nostra identità è costruita, durante il corso della
vita, dal cervello, e questo resta se stesso fino alla fine, compensando le
proprie perdite coll’introiezione di sempre nuove diversità. Da un lato quindi
ci conviene alimentarlo a dovere fin quando gli chiediamo di sostenere la
nostra esistenza, dall’altro dobbiamo stimolarlo fin dall’inizio a mantenersi
costantemente disponibile ad accogliere l’imprevisto.
martedì 1 dicembre 2015
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