martedì 22 giugno 2010

Ecco l'uomo che teorizza la fine dell'umanità



La razza umana si estinguerà nei prossimi cento anni. L’allarme catastrofista che sta facendo il giro del mondo non arriva da uno sprovveduto qualsiasi, ma da uno scienziato molto noto alla comunità internazionale. Si tratta di Frank Fenner, virologo australiano diventato famoso per il contributo dato a debellare il vaiolo (nel 1980 ebbe modo di dichiarare di fronte all’Assemblea delle Nazioni Unite che la malattia era sconfitta).
L’ormai 95enne professore di microbiologia all’Australian National University ha esposto la sua teoria al quotidiano The Australian, spiegando che la catastrofe sarà causata dall’esplosione demografica (l’Onu prevede che nel 2011 gli abitanti della Terra saranno oltre 7 miliardi), dall’elevato livello di consumi, nonché dai cambiamenti climatici conseguenti. Lo stesso destino del genere umano, toccherà anche a moltissime specie animali.

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Fenner si dimostra pessimista oltre ogni misura, dato che ritiene che il processo sia irreversibile e che perciò nulla potrà essere fatto per evitare la tragica sorte della razza umana. Oltretutto, la colpa sarebbe da attribuire all’uomo stesso. Entrati nell’era geologica dell’Antropocene (in cui sono le attività dell’uomo a influenzare i cambiamenti climatici), il pianeta ha cominciato a subire un impatto pari a una delle epoche glaciali o alla collisione di un meteorite sulla Terra. La necessità di produrre e consumare a più non posso ha comportato un’eccessiva produzione di diossido di carbonio, che sta facendo aumentare il riscaldamento globale. Inoltre l’aumento della popolazione mondiale non farà altro che rendere il problema ancor più gravoso.
Eppure, segnala ancora Fenner, gli aborigeni australiani hanno mostrato che è possibile vivere per 40-50 mila anni senza questi eccessi del progresso scientifico. Ma il mondo sembra non poterne fare a meno e così “la razza umana rischia di fare la stessa fine di molte altre specie che si sono estinte nel corso degli anni”.
Fenner ha anche detto esplicitamente che la razza umana subirà lo stesso destino degli abitanti dell’Isola di Pasqua. Tale isola dell’Oceano Pacifico era inizialmente un’immensa foresta di alti alberi. Per trasportare i famosi Moai (le sculture antropomorfe poste sulle coste), la popolazione necessitava di legname e iniziò una grandissima opera di disboscamento dell’isola. Col passare degli anni, la popolazione continuava ad aumentare, mentre gli alberi, l’habitat della fauna locale, a diminuire. La civiltà crollò quando iniziò una vera e propria guerra civile per il controllo delle ultime risorse rimaste. Quando l’esploratore Cook raggiunse l’Isola di Pasqua alla fine del ‘700, la trovò spoglia di vegetazione e abitata da pochi uomini diventati ormai cannibali per cercare di sopravvivere.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

sono contenta che la specie umana sparisca: è come un virus!!!
mo

Rigobaldo ha detto...

Diciamo che ha i suoi momenti bastardi, infidi ... ma ne ha avuto anche degli altri ...

Il problema è piuttosto una questione di proporzione, negli ultimi tempi ... questi momenti sono diventati quasi quasi la norma!

Cordialità

Anonimo ha detto...

E' la teoria del "chi troppo vuole nulla ha"
Viva la Decrescita felice (anche se questi due termini lasciano a desiderare. Chi vuole sacrificarsi per decrescere? e cos'è la felicità e di quale felicità si tratta?). Il cambiamento di rotta porta a scoprire nuove ricchezze meno devastanti e più creative, da condividere armoniosamente in libero scambio e la felicità che ne deriva è per questa empatia, rete di gratuità, collaborazione, cooperazione e compartecipazione inclusiva che viene a crearsi. Non si è più soli, isolati, per far la guardia all'osso che si tiene nell'angolo. Si scopre di essere interconnessi. E magari anche con l'Universo
Luisella