mercoledì 14 aprile 2010

L'ultimo tilacino



Da più di settant’anni nessuno l’ha più visto e molto probabilmente è estinto. Ogni tanto tuttavia c’è qualcuno che dichiara di averlo intravisto, ombra fuggevole tra l’erba alta, o di averne udito lo strano, sinistro grido. Di recente è stata trovata un’orma che per confronto con una vecchia orma accertata di tilacino ne ha stabilito l’autenticità anche se non si può escludere del tutto una contraffazione.

Il tilacino o “lupo” o “tigre di Tasmania” è un marsupiale che deve i suoi nomi volgari all’aspetto complessivo di canide e alle striature trasversali che ne occupano la metà posteriore del dorso. Sembra fosse oltremodo feroce, come il suo conterraneo Diavolo di Tasmania, invero assai più piccolo.

Ecco quindi la nostra “tigre di Tasmania”, ed ecco anche il suo sterminatore che oggi lo rimpiange. A proposito di loro si narra la seguente storia o parabola.

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È ancora dentro il marsupio, saldamente attaccato un capezzolo della madre, ma già si è affacciata alla sua mente il presentimento di essere l’ultimo, l’ultimo di una specie che con lui si sarebbe estinta. A dire il vero era molto tempo –qualche secolo almeno– che questa specie era a rischio a causa del suo isolamento geografico che condivideva tuttavia con altre specie che non sembrava avessero questo problema. Ma della sopravvivenza lui non si preoccupava granché, data la relativa facilità con cui aveva ragione delle sue prede. Era infatti un carnivoro con fama di essere feroce, mentre non era che un animale in cerca di cibo, come tutti. Che ci poteva fare se erba e foglie non erano di suo gusto. Non è che gli piacesse andare in giro sgozzando i suoi simili, ma nel suo territorio erano quasi tutti marsupiali come lui. C’era in verità il dingo, un canide, anzi un vero cane, ma quello era meglio lasciarlo in pace, non tanto perché fosse più forte ma perché era un animale da branco e si sa che più cervelli pensano meglio di uno solo mentre lui, il tilacino, era piuttosto solitario e neppure particolarmente intelligente. Questa era comunque una diceria, diffusa soprattutto tra quelli –ed erano la maggioranza– che non avessero mai visto un tilacino. Preso singolarmente, quest’ultimo era certo più robusto di un dingo e in grado di stritolargli la testa con un morso, ma poco poteva contro un branco provvisto di una ben collaudata strategia di attacco. Comunque dinghi e tilacini evitavano di tagliarsi la strada. E poi i tilacini si stavano estinguendo. E il nostro come faceva a saperlo? Dal fatto che da generazioni era sempre più raro che si incontrassero. Già suo nonno si lamentava che gli era sempre più difficile trovare una femmina con cui accoppiarsi. Sembra che tutto fosse cominciato con l’arrivo, non si sa da dove, di un grosso animale, bipede come i canguri, che però non saltava (o almeno lo facevano, e malamente, solo quelli di piccola taglia). Un animale, lui sì ferocissimo, che ammazzava per il solo gusto di ammazzare e doveva anche essere molto stupido perché non riusciva a farlo senza l’aiuto di uno strano oggetto che faceva molto rumore e faceva scappare tutti gli animali intorno fuorché uno, che restava morto sul terreno. Questo orribile animale aveva preso di mira in particolare i tilacini quasi volesse sterminarli, e ci stava riuscendo. E, dopo i tilacini, a chi sarebbe toccato?

Certo agli altri marsupiali. Oggi però si sapeva che esistevano animali senza marsupio o con marsupio interno, non visibile dal di fuori. Forse anche lo sterminatore era di quel tipo, e i dingo erano i suoi servi e lo aiutavano nel suo macabro lavoro. E il tilacino come si sentiva sapendo che è in atto una congiura che avrebbe portato in breve tempo all’estinzione della sua specie?

Non era come sapere di dover morire. Questa era una cosa “naturale”, che si sapeva fin dalla nascita e nessun animale ci faceva più caso. Ma morire tutti gli appartenenti alla specie, e per giunta ad opera di un’altra specie ... una follia, una catastrofe a cui non si era preparati!

Ma era proprio così? Eppure ogni tanto si scoprivano nel terreno ossa di tilacini giganti che dovevano essere estinti da un bel pezzo, perché nessuno ne aveva mai visto uno. E non si trovavano solo ossa di tilacini, ma di molti altri animali, anche questi istinti. Chissà, forse anche l’estinzione è un fatto normale, come una morte di secondo livello, come se si estinguessero tutti i marsupiali, poi anche i monotremi, come l’echidna e l’ornitorinco, che già si incontravano di rado. E magari anche gli uccelli, i serpenti e coccodrilli e tutti quegli animaletti che capita di mangiare senza accorgercene. E se di quest’estinzione di massa fosse responsabile proprio quell’orribile animale col suo dingo e il bastone tonante? Forse anche lui sta presentendo la propria estinzione, impotente a evitarla, come tutti ...

Se provasse almeno a rinviarla ...

Boris Porena, 2010

1 commento:

Anonimo ha detto...

Meglio estinguersi liberi in natura piuttosto che esistere chiusi in una gabbia. Il primo punto avviene nel ciclo ritmato dalla natura (anche se anticipato dal bipete con la canna fumante ed i canidi che poi, abbandonati e sopravvissuti sono divenuti dingo) e presuppone un essere; il secondo in una prigione e presuppone il sopravvivere...
Luisella