lunedì 18 maggio 2009

A Rigobaldo van der Mispel − una epistola politica

Jacob in stoel / Jacob on a chair, 2003, di Maarten Wetsema (http://www.maartenwetsema.nl/)

Caro Rigobaldo, Cari Rigobaldo,

qui cominciano subito le difficoltà, perché tu sei uno e plurimo come il buon dio. Inoltre, a differenza di lui, sei in numero variabile e per giunta capita talora che faccia parte di te anche lo scrivente, cioè io, nel qual caso mi troverei a corrispondere per lettera −per ‘epistola politica’− con me stesso. Nell’accezione più ristretta, Rigobaldo è uno di noi, in un’altra un ente astratto e sarebbe ancora più strano scrivergli una lettera. Ma le stranezze non finiscono qui. Che cosa avrei da scrivergli che lui già non sappia o che non potrei dirgli a voce? E una cosa che pensassi per conto mio, sarebbe pensata anche da lui o no? E una cosa che pensasse lui, la penserei anch’io? Leggere di più ...

Il problema è di natura alquanto generale: è pensabile un pensiero pensato dal singolo che non sia pensabile o già pensato dal pensiero umano? In altre parole è l’individuo a pensare o la specie attraverso di lui?

Ho forse ampliato la pluralità di Rigobaldo oltre il lecito. Mi ritiro ora entro gli abituali confini, riservandomi ogni tanto una sbirciatina al di là di essi.

.......

Stiamo da qualche tempo lavorando insieme, noi Rigobaldo, e, se lo facciamo, vuol dire che sappiamo perché, per qual fine. Ma questo fine è unico, fermo, immutabile? Oppure è ampliabile come la pluralità di Rigobaldo?

Inizialmente si era inteso fare un poco d’ordine in un certo archivio e dare visibilità a una produzione che, a detta di alcuni, lo meriterebbe. Poi ci si è accorti che questa produzione conteneva spunti condivisibili, anzi utili forse ad affrontare parte dei problemi che l’attualità ci pone. Il progetto primo è andato quindi assumendo una coloratura politica non necessariamente partitica, che ha portato Rigobaldo a ricercare un dialogo, il più partecipato possibile, con la società. Ne sono nate alcune iniziative mediatiche che lo hanno avvicinato a movimenti, in Italia e fuori, che cercano di promuovere, nella generale acquiescenza al consumismo irriflesso, una coscienza socialmente ed ecologicamente critica. Parallelamente a ciò, Rigobaldo ha coltivato rapporti di buon vicinato con il Centro di Ricerca e Sperimentazione Metaculturale, cui lo lega un comune componente e un comune indirizzo politico (nel senso sopraricordato). Dico questo, ovviamente, non a uso interno ma per informare gli eventuali lettori esterni (se questa lettera dovesse essere pubblicata su internet) di cose che Rigobaldo conosce benissimo.

Ora però vorrei proporre una riflessione interna −per altro aperta anche a contributi esterni− sul nostro immediato domani. Perché ‘immediato’? Semplicemente perché personalmente non posso permettermi il lusso −data l’età− di partecipare a progettazioni di lungo termine. Queste spetteranno a una diversa composizione di Rigobaldo entro una società che spero profondamente cambiata.

Presumo che nell’immediato domani −di cui peraltro non è prescritta la durata− Rigobaldo si muova ancora nell’ambito di IMC (dell’Ipotesi Metaculturale). Ne consegue che anche le successive riflessioni, per essere correttamente intese, vadano riferite a quell’ipotesi, fuori della quale potrebbero apparire addirittura prive di senso.

È probabile che lo staff Rigobaldo, per variabile che sia, sappia perché sta dando credito a IMC nonostante le evidenti difficoltà che quest’ipotesi incontra nella sua diffusione. Queste difficoltà dipendono:
− da intrinseca debolezza?
− da poca chiarezza nella formulazione?
− da scarsa aderenza ai problemi dell’attualità?
− da incapacità nostra e del Centro Metaculturale a incentivarne la diffusione?
da un radicale rifiuto da parte della società?

Non è la prima volta che ci poniamo queste domande. Come Centro Metaculturale ce le poniamo anzi da una trentina di anni. Ciò non toglie che sarebbe bene continuare a farlo, se non vogliamo che IMC da ipotesi critica si trasformi in dogma, per giunta inascoltato. Credo che, come per il passato, IMC abbia bisogno di una continua verifica, sia attraverso la pratica culturale di base sia nel confronto teorico con altre posizioni filosofiche ed epistemologiche. Finora le verifiche hanno dato esito positivo e hanno registrato innumerevoli convergenze anche in ambiti specialistici, ma la vita di IMC, come di qualsiasi ipotesi, dipende dalle verifiche di domani, non da quelle di ieri. Va anche detto che la più disinteressata delle fiducie ha dei limiti di sussistenza, oltre i quali resta inerte, avviata alla sclerotizzazione ideologica. Il problema della diffusione resta quindi vitale per IMC. Ma perché le diamo credito? Perché affannarci a diffonderla?

Che l’ipotesi sia debole siamo i primi a saperlo. Pensiamo anzi −e già molte anni fa era apparso chiaro− che IMC rappresenta il punto più basso del cosiddetto ‘pensiero debole’. Si tratta tuttavia di una ‘debolezza’ assai più resistente ai colpi del relativismo assoluto (‘tutto è relativo’) che non la ‘forza’ di un pensiero ‘forte’. Non è quindi la debolezza di IMC a preoccuparci, ché anzi è una delle ragioni per cui vorremmo fosse sperimentata su più larga scala. In tempi recenti il Centro Metaculturale le ha aperto nuovi campi applicativi e anche tu, Rigobaldo, ne stai promuovendo la conoscenza oltre i confini nazionali. Forse ciò che ci manca, e a me in particolare, è la pazienza. Il rivolgimento culturale collegato con l’accettazione, benché provvisoria, di IMC non è di quelli che avvengono in un giorno, un anno o un decennio. È anche possibile che lo stiamo vivendo già da un secolo o più ancora, per esempio da quando Darwin ha enunciato la sua teoria evolutiva o Nietzsche ha proclamato la morte di Dio o Einstein ha formulato la teoria della relatività. Nel gergo che ci è abituale parliamo, per la specie umana, di ‘transizione dallo stadio culturale a uno stadio metaculturale, caratterizzato, appunto, da riflessività metaculturale’.

Non è questo il luogo per richiamare alla mente cose che sappiamo benissimo e tanto meno per tentare maldestramente di illustrarle a chi non le sa. C’è invece da chiedersi se non vi sia, da parte della società, un rifiuto di principio, contro il quale nessuna ragione potrebbe alcunché. Una domanda che oggi rischierebbe effettivamente di spiazzarci: “qual è il ‘valore di mercato’ di IMC?”

Qui casca l’asino, perché il valore di mercato di IMC è prossimo allo zero. E oggi avere un valore di mercato prossimo allo zero equivale a non esistere. A chi ci domandasse a ché si deve il fatto che IMC ha un valore di mercato così basso risponderemmo: per la semplice ragione che per noi è il mercato ad avere un valore assai basso. Forse perché è alto il suo valore ideologico e noi siamo diffidenti verso i valori ideologici? Ma il mercato è ideologico solo in seconda battuta; in prima il suo valore è economico, pecuniario: produce ricchezza e oggi è questa che sta soffocando il nostro pianeta e chi lo abita. Si obietterà che non siamo noi (quella parte di noi che lo è) a essere ricchi (è proprio la Terra con ciò che ha e produce). Na ciò che ha e produce non è ‘ricchezza’; lo diventa solo quando ce ne appropriamo noi, e sta a noi farlo diventare un’altra cosa, un altro ‘valore’. Esistono valori che non siano ideologici e neppure economici? Per IMC uno ve n’è, anch’esso ideologico ed economico, tuttavia irrinunciabile per la maggior parte degli uomini, e per cui IMC è stata formulata: la sopravvivenza. E con questa ovvietà vi/ci saluto con affetto,

Cantalupo, 16-V-2009

1 commento:

rosella ha detto...

Sono molto d'accordo con quanto sostiene Boris nell'epistola diretta al Partito democratico. In fatti senza la ricerca di un nuovo modello di sviluppo e di società nuovi alternativi a quelli già sperimentati e ormai decisamente perdenti non si vede come uscire dalla crisi. Se mi guardo intorno non vedo purtroppo segnali in questa direzione, al contrario mi sembra che nessuno si domandi neppure più dove stiamo andando e soprattutto dove si vorrebbe andare. Sembra che tutti si siano rassegnati a vivere per così dire alla giornata, anche i Partiti politici, compreso il PD, senza la ricerca di un progetto, anche se utopico, di modelli socio-politici alternativi. Forse l'unica speranza potremmo riporla nei giovanissimi se la scuola riuscisse a riprendersi il suo ruolo centrale nella società e nella formazione dell'uomo. Ma forse anche la scuola ha bisogno di un nuovo modello?