1)
non si ha il coraggio di intraprenderla
2)
non si ha neppure
il coraggio di riflettervi su
Dialogante 2] E quale
sarebbe questa via?
[Dialogante 1] Lo sai
benissimo anche tu: è semplice e ovvia, ma richiede un radicale mutamento del
nostro ‘stile di pensiero’. Non più crescita illimitata della produzione e del
benessere, ma una più equa ripartizione dell’una e dell’altro.
[Dialogante 2] In altre parole:
un nuovo comunismo.
[Dialogante 1] Non credo
sia questo il modello da perseguire. Tanto per cominciare, il comunismo non significava limitare la crescita
né era particolarmente attento ai problemi ecologici.
[Dialogante 2] Quindi qualcosa di ancor più restrittivo.
[Dialogante 1] Se in un
negozio di scarpe cerchiamo un numero più piccolo di quello che ci viene
offerto non è per calzare le scarpe troppo ristrette ma per evitare quelle
troppo lunghe…
[Dialogante 2] … e tutto
ciò che indossiamo è di vari numeri troppo largo.
[Dialogante 1] Precisamente.
Ma noi – o meglio alcuni di noi – non ci facciamo caso e con le nostre abnormi
scarpe pestiamo i piedi a quelli – che sono i più – che ce le hanno strette.
[Dialogante 2] E allora,
dobbiamo portare tutti lo stesso numero?
[Dialogante 1] No di certo:
a ciascuno il numero e il tipo che il suo lavoro e la sua collocazione
professionale richiedano (un giudice in tribunale difficilmente calzerà stivali
da minatore).
[Dialogante 2] Inoltre sarà
un bene misurare questa corrispondenza con sufficiente larghezza in modo da
lasciare spazio alle scelte e alle variabilità individuali, ecologicamente
indispensabile come ci viene detto e ripetuto da chi se ne intende.
[Dialogante 1] Così per
esempio si lascerà un certo spazio anche all’arricchimento personale e
collettivo, se da questo deriverà un vantaggio per tutti senza danno per
nessuno.
[Dialogante 2] Utopia al
limite del ridicolo.
[Dialogante 1] No, se
ripensiamo la nostra cultura metaculturalmente.
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