[Dialogante 2] Mi chiedi
che c’entra Valentina in quanto problema ontologico. Forse la cosa migliore è
che te descriva una delle sue “lezioni” (il termine da lei usato, anche se
tutto sono i suoi interventi meno che delle ‘lezioni’). Anzi descriverò la
prima, che Valentina ha riproposto dopo il mese di interruzione.
Al paziente – in questo caso io – viene
detto di sdraiarsi a occhi chiusi su un letto appositamente progettato: ampio,
di tela piuttosto rigida, con un corredo di cuscini di varie forme e dimensioni
da disporre in modo da sostenere in più punti un corpo comodamente sdraiato.
Nella fattispecie il corpo essendo il mio, ho approfittato per lasciarmi andare
a un gradevolissimo stato di sonnolenza quasi incosciente. Dopo poco ho
avvertito una leggerissima pressione a un alluce e mi sono detto: “Toh!
Possiedo anche un alluce!”… e, poco dopo: “…, e qualche altro titolo, di cui mi
ero scordato, anzitutto un piede, di cui solo adesso comincio a rendermi conto
in dettaglio, un piede flessibile, capace di molti movimenti… ma sì, anche un
altro, speculare rispetto al primo, un poco inclinato verso l’interno, chissà
perché. E questi piedi sono attaccati a due gambe, pesanti e pigri, che sarebbe
bene riuscissi ad alleggerire un poco, come mi pare stia accadendo” – pausa di
qualche secondo – , “poi ecco un braccio che comincia risvegliarsi, ecco anche
l’altro… s’incrociano al di sopra del corpo, si allungano ai lati… È la volta
del tronco, meno rigido del come pensavo, e la testa, meno bloccata (se
continuiamo così, tra qualche tempo potrò ruotarla come un gufo…)”.
Grosso modo, ma con molto maggiore
precisione nel dettaglio, si è svolta la ‘lezione’ di ripresa attività.
[Dialogante 1] Da quel che
sento, tutto suona molto ‘naturale’, senza invasività da parte dell’operatore…
[Dialogante 2] … ma con una
viva collaborazione dell’‘accudito’ (preferisco chiamarlo così anziché
‘paziente’).
[Dialogante 1] Credo che in
questa collaborazione consiste il nocciolo dell’operazione.
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