
Diverso il caso in cui considerassimo ragione e matematica ‘obiettivamente’ cioè senza la nostra mediazione –garanzia di verità–. Per ottenere questo dovremmo farne delle forme di conoscenza a priori, cioè senz’altra garanzia che se stessa. Non solo dovremmo quindi attribuire il carattere di verità alla matematica ma presupporre anche la sua raggiungibilità attraverso la ragione.
Più convincente mi sembra però un’altra via, che non raggiunge la ‘verità sul mondo reale’, ma si ferma all’arresto metaculturale, sempre disponibile a spostare indefinitamente la sua barriera. È quanto hanno già fatto Newton e Leibnitz inventando il calcolo infinitesimale. E tutto sarebbe andato bene se non fossero intervenuti i quanti con la loro brutale finitezza
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