[Dialogante
2] Se le cose che ci stiamo dicendo diventassero di pubblico dominio, molti ci
accuserebbero di presunzione, di incompetenza, di ideologismo. E noi avremmo
ben poche armi con cui difenderci.
[Dialogante
1] Credo che dovremmo riuscirci anche senza armi.
[Dialogante
2] E qui che si annida l’ideologia: nell’usare il pensiero come arma…
[Dialogante
1] … mentre non dovrebbe uscire dai propri limiti, che sono quelli di non
essere null’altro che pensiero tra altri pensieri…
[Dialogante
2] … in libera concorrenza?
[Dialogante
1] No, tutt’al più sottoposti a selezione darwiniana, indipendente da
qualsiasi ‘volontà’ concorrenziale.
[Dialogante
2] Cerchiamo di non essere ipocriti. Anche se manca la volontà, non manca la
convinzione o per lo meno qualche buona ragione per proseguire sulla strada intrapresa.
[Dialogante
1] Direi che questo rientra ancora nella normalità di chi lavora su ipotesi e
non su certezze. IMC ha lo statuto di ipotesi ma proprio in forza di esso chi l’assume
è in certo qual modo tenuto a considerarla certezza fin quando non ne venga
dimostrata l’inconsistenza.
[Dialogante
2] Nel caso di IMC l’inconsistenza è dimostrata dal suo rapporto anomalo con
la contraddizione, il che ci deve rendere ancora più prudenti nel proporla come
strumento risolutivo delle crisi.
[Dialogante
1] D’accordo, ma con tutte la cautela possibile dobbiamo pur sperimentarne il
funzionamento che oltretutto, come sappiamo, non modifica la culturalità degli
oggetti cui si applica, ma la porta a consapevolezza, nel contempo
relativizzandola.
[Dialogante
2] Semmai è proprio quest’ultimo punto, la ‘relativizzazione’ che incontrerà
le maggiori difficoltà. IMC cominci con il relativizzare se stessa.
[Dialogante
1] Già fatto. Provvedono ora gli altri assoluti a fare lo stesso.
[Dialogante
2] Una trappola?
[Dialogante
1] Veda un po’ il lettore.
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