venerdì 12 agosto 2016

Tratta XXXIX.3 – (Storiella evoluzionistica per chi non ne sa proprio niente)


[Dialogante 2]  Questa faccenda dell’occupazione del tempo da parte della nostra specie, credo che dovremmo pensarla meglio.
[Dialogante 1]  Hai ragione. Per cominciare mi sembra che questa occupazione sia cominciata molto prima della comparsa dell’uomo.
[Dialogante 2]  E quando?
[Dialogante 1]  Dalla comparsa della vita, cioè della duplicazione cellulare, quando la singola cellula era al tempo stesso garanzia di un secondo tempo occupato da un’altra cellula nel futuro.
[Dialogante 2]  Occupato sì, virtualmente, come il biglietto di uno spettacolo occupa preventivamente il posto assegnato al suo possessore.
[Dialogante 1]  Ma la semplice duplicazione, non facendo che riprodurre sempre lo stesso modello, non garantiva la vita contro attacchi, non alla singola copia, ma al modello.
[Dialogante 2]  E chi avrebbe potuto attaccarlo se la vita non disponeva che di quell’unico?
[Dialogante 1]  Ecco che, col tempo (qualche centinaio di milioni di anni) gli errori nella riproduzione avevano prodotto altri modelli capaci di duplicarsi. Ma la situazione, con tutti quei modelli rigidi, insidiati da modelli altrettanto rigidi, era troppo statica per sfidare il tempo. E allora la vita ha cominciato a rovistare all’interno delle cellule, differenziando unità più piccole – i geni – combinando e ricombinando le quali ha raggiunto quella variabilità che le permetteva di far fronte ad ogni evenienza.
[Dialogante 2]  In particolare si è accorta che alcune cellule, molto somiglianti tra loro salvo che per alcuni geni, erano molto inclini ad accoppiarsi e ad accrescere così la variabilità delle coppie stesse. E questo supermodello ‘a due’ si è rapidamente imposto eliminando un po’ alla volta tutti i concorrenti con pochissime eccezioni.
[Dialogante 1]  La sua carta vincente è stata proprio l’affidabile occupazione di larghe porzioni di tempo.
[Dialogante 2]  Ora però quest’affidabilità sta venendo meno e la vita dovrà inventare altri meccanismi per sopravvivere alla sua stessa prorompenza.
[Dialogante 1]  Ma fermiamoci un momento qui, alle soglie del futuro. Siamo proprio sicuri che tutto è cominciato con la vita, con la duplicazione cellulare? Prima di duplicarsi ci doveva ben essere qualcosa da duplicare.
[Dialogante 2]  Certo, la ‘materia’.
[Dialogante 1]  ‘Materia’ è una parola che non ci dice nulla dell’oggetto così chiamato. Chi ci dice poi che sia un oggetto come il tavolo su cui, o la penna con cui scrivo?
[Dialogante 2]  Lo diciamo noi, i padroni del linguaggio…
[Dialogante 1]  … ma non delle cose che il linguaggio nomina, perlomeno non di tutte.
[Dialogante 2]  La ‘materia’ è ciò di cui le cose sono fatte.
[Dialogante 1]  Non quindi una cosa, ma una variabile della quale non possiamo dire altro che è diversa per ogni cosa.
[Dialogante 2]  Questo sarà stato vero un tempo, oggi conosciamo delle costanti – materiali o energetiche – comuni a tutto ciò che esiste.
[Dialogante 1]  ‘Costanti’ tuttavia che tali non sono e che ogni generazione di studiosi descrive a modo suo e in forma assai diversa da quello che gli ‘uomini della strada’, quali siamo, pensano siano proprie della materia.
[Dialogante 2]  Non è da escludere tuttavia che, a furia di pensarla diversamente, un bel giorno capiremo una volta per tutte.
[Dialogante 1]  Il cielo ce ne scampi!
[Dialogante 2]  Ma come, non vorresti arrivare a ‘capire’?
[Dialogante 1]  A capire che cosa?
[Dialogante 2]  Tutto quello che c’è da capire.
[Dialogante 1]  Dopo di che non ci resterebbe che scomparire, come oggi i coleotteri.
[Dialogante 2]  … Avessero già capito tutto loro?


[Vedi Musica-società 266. Der Mensch kommtzu sich selbst per collegarci con il pensiero già espresso lì].

Nessun commento: