[Dialogante 2] Questa faccenda dell’occupazione del tempo da
parte della nostra specie, credo che dovremmo pensarla meglio.
[Dialogante 1] Hai ragione. Per cominciare mi sembra che
questa occupazione sia cominciata molto prima della comparsa dell’uomo.
[Dialogante 2] E quando?
[Dialogante 1] Dalla comparsa della vita, cioè della
duplicazione cellulare, quando la singola cellula era al tempo stesso garanzia
di un secondo tempo occupato da un’altra cellula nel futuro.
[Dialogante 2] Occupato sì, virtualmente, come il biglietto
di uno spettacolo occupa preventivamente il posto assegnato al suo possessore.
[Dialogante 1] Ma la semplice duplicazione, non facendo che
riprodurre sempre lo stesso modello, non garantiva la vita contro attacchi, non
alla singola copia, ma al modello.
[Dialogante 2] E chi avrebbe potuto attaccarlo se la vita
non disponeva che di quell’unico?
[Dialogante 1] Ecco che, col tempo (qualche centinaio di
milioni di anni) gli errori nella riproduzione avevano prodotto altri modelli
capaci di duplicarsi. Ma la situazione, con tutti quei modelli rigidi,
insidiati da modelli altrettanto rigidi, era troppo statica per sfidare il
tempo. E allora la vita ha cominciato a rovistare all’interno delle cellule,
differenziando unità più piccole – i geni – combinando e ricombinando le quali
ha raggiunto quella variabilità che le permetteva di far fronte ad ogni
evenienza.
[Dialogante 2] In particolare si è accorta che alcune
cellule, molto somiglianti tra loro salvo che per alcuni geni, erano molto inclini
ad accoppiarsi e ad accrescere così la variabilità delle coppie stesse. E
questo supermodello ‘a due’ si è rapidamente imposto eliminando un po’ alla
volta tutti i concorrenti con pochissime eccezioni.
[Dialogante 1] La sua carta vincente è stata proprio l’affidabile
occupazione di larghe porzioni di tempo.
[Dialogante 2] Ora però quest’affidabilità sta venendo meno
e la vita dovrà inventare altri meccanismi per sopravvivere alla sua stessa
prorompenza.
[Dialogante 1] Ma fermiamoci un momento qui, alle soglie del
futuro. Siamo proprio sicuri che tutto è cominciato con la vita, con la
duplicazione cellulare? Prima di duplicarsi ci doveva ben essere qualcosa da
duplicare.
[Dialogante 2] Certo, la ‘materia’.
[Dialogante 1] ‘Materia’ è una parola che non ci dice nulla
dell’oggetto così chiamato. Chi ci dice poi che sia un oggetto come il tavolo
su cui, o la penna con cui scrivo?
[Dialogante 2] Lo diciamo noi, i padroni del linguaggio…
[Dialogante 1] … ma non delle cose che il linguaggio nomina,
perlomeno non di tutte.
[Dialogante 2] La ‘materia’ è ciò di cui le cose sono fatte.
[Dialogante 1] Non quindi una cosa, ma una variabile della
quale non possiamo dire altro che è diversa per ogni cosa.
[Dialogante 2] Questo sarà stato vero un tempo, oggi
conosciamo delle costanti – materiali o energetiche – comuni a tutto ciò che
esiste.
[Dialogante 1] ‘Costanti’ tuttavia che tali non sono e che
ogni generazione di studiosi descrive a modo suo e in forma assai diversa da
quello che gli ‘uomini della strada’, quali siamo, pensano siano proprie della
materia.
[Dialogante 2] Non è da escludere tuttavia che, a furia di
pensarla diversamente, un bel giorno capiremo una volta per tutte.
[Dialogante 1] Il cielo ce ne scampi!
[Dialogante 2] Ma come, non vorresti arrivare a ‘capire’?
[Dialogante 1] A capire che cosa?
[Dialogante 2] Tutto quello che c’è da capire.
[Dialogante 1] Dopo di che non ci resterebbe che scomparire,
come oggi i coleotteri.
[Dialogante 2] … Avessero già capito tutto loro?
[Vedi Musica-società 266. Der Mensch kommtzu sich selbst per
collegarci con il pensiero già espresso lì].
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