venerdì 16 gennaio 2015

Tratta XXIX.4 – Finezze



[È noto che in origine lo scritto autobiografico Goethe era intitolato Wahrheit und Dichtung, solo in un secondo momento divenuto Dichtung und Wahrheit.]
[Dialogante 1]  Perché lo ha cambiato?
[Dialogante 2]  Più che cambiato direi che lo ha ‘anagrammato’.
[Dialogante 1]  Concettualmente mi sembra sia rimasto invariato. Ambedue le collocazioni – al primo o all’ultimo posto – appaiono equivalenti, ugualmente rilevanti per il lettore
[Dialogante 2]  Anche se a quel und vogliamo annettere un valore alquanto dissociativo, tale valore si mantiene in ambedue le varianti.
[Dialogante 1]  Allora perché il ripensamento?
[Dialogante 2]  Non vedo che una possibile ragione!
[Dialogante 1]  E quale?
[Dialogante 2]  Il ‘peso fonetico’, che nel primo caso cade sulla i di Dichtung nel secondo sulla a di Wahrheit.
[Dialogante 1]  E allora?
[Dialogante 2]  Evidentemente lo soddisfaceva di più chiudere sull’apertura della a che sulla chiusura della i.
[Dialogante 1]  Non solo una questione di fonetica ma anche con riflessi ideologici.
[Dialogante 2]  Pensi che la speculazione letteraria raggiunga in Goethe questa finezza di udito?
[Dialogante 1]  Se è per questo, credo che andasse anche oltre, del resto.
[Dialogante 2]  Del resto, molto più modestamente, non credi che la nostra titubanza sul titolo da dare a queste riflessioni siano dello stesso tipo: rapporto oppositivo – brevità/lunghezza – tra titolo e sottotitolo?
[Dialogante 1]  … e forse anche il lieve sconcerto prodotto da quell’opposizione e la sua successiva chiarificazione – metafora ferroviaria – che tuttavia non chiarifica nulla fino al definitivo ‘libro che non scriverò mai’.
[Dialogante 2]  Espedienti plateali e grossolani a fronte delle finezze goethiane.
[Dialogante 1]  Certo, ma noi non siamo Goethe.

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