− Questi postini hanno una funzione?
− Se è per questo, anche più di una.
− E quali sarebbero?
− Una l’abbiamo già nominata: la delectatio (numero 14).
− Un’altra è tanto generica che non l’ho neppure considerata: la comunicazione.
− Già, ma comunicazione di chi, a quale scopo?
− Non direi che il loro scopo è l’informazione.
− E se fosse la formazione?
− C’è chi dice che ogni comunicazione, ogni atto di parola ha una componente formativa, di cui neppure ci rendiamo conto. Così quando, entrando in una stanza, diciamo: “Buona sera”, implicitamente invitiamo i presenti a tenere un certo comportamento sociale.
− Siamo ancora nel generico, niente che distingua i postini da altre forme di comunicazione.
− E perché dovrebbero distinguersi? Abbiamo già visto come i postini non aspirano a costituirsi in genere.
− Ma neppure a passare inosservati.
− E per non passare inosservati, devono in qualche modo attirare l’attenzione, quindi soffermarsi per qualche attimo nella mente del ricevente, attimi in cui quella viene stimolata a pensare.
− Spesso però lo stimolo manca …
− … o meglio passa inosservato.
− E qui soccorre il numero dei postini. Forse sulle prime la mente del ricevente non si accorge di questa stimolazione, salvo quando il tema è dichiaratamente didascalico (ad esempio il numero 6 di questa serie). Ma col tempo il ricevente è probabile che cominci a far caso alla funzione stimolante, addirittura a cercarla (perché è disugualmente diffusa nei postini).
− Ed è questa la funzione principale dei postini: l’attivazione del pensiero critico?
− Non direi. È piuttosto la sollecitazione a produrre una risposta, tanto è vero che, quando questa non arriva –ed è il caso più frequente– inizialmente si restava delusi. Poi ci si è accorti che la delusione dipendeva da vanità offesa e quindi non meritava particolare attenzione. Né si poteva essere sicuri che in qualcuno dei riceventi la mente non si fosse messa in moto senza venircelo a dire.
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