lunedì 24 giugno 2013

19 Postini sulle funzioni di una ‘Casa della Pace’ in Sabina (1)


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Abbiamo ricevuto dalla Regione Lazio l’incarico di progettare e attuare la costituzione, a Forano e in collaborazione con il locale Comune, di una Casa della Pace, cioè una struttura pubblica e aperta a tutta la cittadinanza al fine di promuovere una ‘Cultura della Pace’ in sintonia con analoghe iniziative in ambito europeo.

Come i suoi componenti e i collaboratori del Centro Metaculturale sanno bene, il tema della ‘convivenza pacifica nella diversità’ è stato da sempre al centro dei nostri studi e della conseguente pratica, anche quando la pace non veniva da noi neppure nominata. “Pace” e “guerra” sono due termini fortemente ideologizzati e quindi da utilizzare con prudenza, spesso inadatti perfino a definire una situazione di fatto. Un paese in rivolta è in pace o in guerra? E se la rivolta è appoggiata da forze straniere? Le guerre civili sono vere e proprie guerre? E le operazioni militari? E le ‘guerre di liberazione’?

E così anche l’ipersfruttamento delle risorse ambientali può dirsi sintomo di un rapporto pacifico tra la terra e i suoi abitanti? L’oppressione e la schiavitù, la semplice presenza di uno stato totalitario, lo sterminio di alcune specie animali rientrano nel concetto di ‘pace’?

E ancora il razzismo, le ideologie di superiorità, la sopraffazione culturale, economica, religiosa sono compatibili con quel concetto?

E il potere, le ricchezze smisurate o, viceversa, la fame, l’ignoranza, la povertà?

Si può anche non essere in pace con se stessi, farsi la guerra con l’alcool, la droga, il fumo, e questo sia come individuo che come collettività…

In breve: le ‘case della pace’ avranno il loro bel daffare a gestire efficacemente -e non solo a parole- i loro progetti, a meno che non si contentino di appoggiarsi a qualche partito politico, che certamente saprà provvedere molto meglio agli interessi suoi che alle idealità che afferma di condividere.

Gli effettivi costituenti di una ‘cultura della pace’ non sono le parole che li nominano –le dichiarazioni di principio, le teorie filosofiche, etiche, religiose che li giustificano- ma gli atti che ne conseguono. Anzi, al di là di questi atti, ancora più qualificante è il modo di pensare, lo ‘stile di pensiero’ a cui sono informati. E questo  stile di pensiero crediamo debba pervadere tutto il nostro ‘stare al mondo’ fin dai nostri primi riflessi di coscienza. Compito primario della scuola e della famiglia pensiamo debba essere la coltivazione di questo stile di pensiero, sovra-, o, come preferiamo dire, metaculturale, uno stile cioè che riconosca la culturalità di ogni nostra affermazione, relativizzandola alla cultura che l’ha prodotta e sottraendola all’universalità dell’assoluto. Siamo ancora molto lontani da questo, a livello locale e mondiale, ma anche il contributo di una piccola Casa della Pace mi appare essenziale per il grande progetto della sopravvivenza.

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