domenica 14 marzo 2010

Il virus noto

In fondo noi l'avevamo sempre saputo.



Che lentamente la libertà ci sarebbe stata portata via, che lo stesso significato del termine libertà si sarebbe progressivamente allontanato dal nostro senso comune, lasciando soltanto quell'ombra tipica delle parole ormai cadute in disuso. Di certo nessuno poteva immaginare, tuttavia, che il processo sarebbe stato così veloce ed inarrestabile.

Sembrava quasi che dentro ognuno di noi fosse nascosto il virus dell'assuefazione alla dittatura, allo stato latente, pronto ad esprimersi in tutta la sua potenza e a diffondersi con imprevista rapidità nel momento in cui questo avesse iniziato a corrodere la prima vittima.
Una vera pandemia.
Qualcuno potrebbe pensare che non era possibile prevedere, vent'anni fa, lo stato di malattia generalizzato che ormai affligge le nostre individualità; che pertanto non era possibile giocare d'anticipo, arginare l'inondazione per tempo, prevenire il dilagare di questo sonno mentale di cui quasi non abbiamo più percezione.
Non credo sia così.
I presupposti già c'erano e si potevano osservare. Dentro di noi lo sapevamo benissimo, che avevamo bisogno di cercare un leader carismatico e vacuo, possibilista dell'illecito, garante della mediocre espressione dell'uomo medio, in tutte le sue pur naturali meschinità.
E infine l'abbiamo trovato.
Ignaro untore di un male covato a lungo nel codice genetico delle nostre stesse strutture fisiche.
Credo sia per questo che lo guardiamo ancora con benevolenza, che in fondo ci identifichiamo con un sorriso imbarazzato ma affettuoso nelle sue umane esternazioni di megalomania puramente mediatica.
Fa parte di noi, in fondo: è solo una caricatura un po troppo vistosa di quello che noi stessi proviamo quotidianamente nel relazionarci con l'altro e nell'accontentarci a dare direzione alle nostre vite, tacitamente consapevoli che il dare senso all'esistenza sia stato in passato un privilegio, un lusso, di cui attualmente non possiamo più godere.
Guai a pensarlo, potremmo sembrare pazzi.

In fondo noi l'avevamo sempre saputo.

Ma nonostante ciò, resta scolpito nel volto di alcuni, lo sgomento di chi perde senza volerlo un diritto acquisito; nello sguardo, soprattutto negli occhi, si intuisce che qualcuno è rimasto immune.
Si legge rabbia, impotenza, vitalità e speranza, in quegli occhi.
Purtroppo manca ancora il coraggio. Le minoranze non hanno mai goduto di capacità di autoaffermazione sufficientemente adeguate per ottenere risultati concreti in tempi ragionevolmente ridotti.
Ma il virus noto, non si sa per quale ragione, non ha colpito tutti.
E da qui si ripartirà.

Letizia Marchetti, 2010

3 commenti:

Boris Porena ha detto...

Mi piace molto il tuo intervento. Non solo per ciò che dici ma per l'efficacia con cui lo dici. Certo, il tuo pensiero, se è proprio questo, è alquanto pessimista nonostante il tentativo finale di fare riemergere la speranza dal pantano in cui viviamo. Il guaio è che la speranza ha natura troppo tenue per incidere sulla realtà. Forse conviene darsi da fare per trovare una via d'uscita più concreta, ma questo lo stai già facendo con il tuo lavoro quotidiano. Un abbraccio,

B.

Rigobaldo ha detto...

Mi trovo in linea con quanto Boris dice. Fare politica, in primissimo luogo, è fare politica nel quotidiano, nel nostro cerchio diretto. E' quella la politica più potente e trascendente - l'altra, quella formalizzata e codificata da giornali, elezioni e altra popò.

L'analisi è pungente - sì, eravamo così, e continuiamo ad esserlo. Ho sempre pensato che la tanta decantata influenza delle televisioni fosse non tanto causa del fenomenaccio, quanto consequenza. La gente si attaccava alle TV dell'inclito -e si attacca- proprio perchè quella TV sumministrava esattamente la pappa che i loro sistemi digestivi volevano.

Cordialità

Unknown ha detto...

Nonostante siano trascorsi degli anni, le tue parole che grazie a fb leggo solo ora, restano straordinariamente attuali. Lo sono in fondo, poichè rappresentano l'essenza di noi, la massima espressione della mediocrità e del decatentismo, inteso nella sua accezione peggiore e non artistica, rappresentato in primo luogo dalla debolezza che mostriamo di fronte alla forza di chi ci impone, da anni, un modello fuorviante e ridicolo, che non racconta la nostra storia. È un vero peccato, poichè sono convinto che questo Paese "ribolla" di giovani talentuosi e forti, che tuttavia per ragioni diverse e forse un po' egoistiche, preferiscono rintanarsi in quella che tu definisci minoranza. La distanza dalla Politica, da cui spesso rifuggono, ne è la prima testimonianza, trasmettendo loro la falsa convinzione di esserne fuori, e per questo, ogni volta, indirettamente, scelgono di delegare a chiunque il loro futuro. Ma non è mai troppo tardi, Confido nella vostra riscossa, e nella rinascita di questo sfortunato e straordinario Paese che solo le nuove generazioni potranno salvare. Saluti!